di Maurizio Martucci
Da una parte lobby, istituzioni e una valanga di soldi. Dall’altra l’opposizione popolare. Si, ma quale? Mettiamo in ordine gli addendi per vedere come, alla fine dei conti, il risultato non torni affatto. Nel 2020 l’Italia si blocca come mai successo dal secondo dopo guerra, entrando nell’emergenza sanitaria più violenta, incredibile e cruenta della storia, dando il via libera al cosiddetto grande reset, il motore di trasformazione nel cambiamento della società. Nel 2021 il Governo Draghi stanzia 191,5 miliardi di euro nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), prevedendone 40,32 per la missione 1 (Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura), compreso 5G e fibra ottica. Per accelerare l’iter parlamentare del Disegno di Legge Concorrenza (recepisce il PNRR nella missione 1) in cui s’annida il Golpe Elettromagnetico del 5G nella deregolamentazione per le infrastrutture digitali e di telecomunicazioni, un accordo tra Governo e maggioranza decide lo ‘spacchettamento’ tra Camera dei Deputati e Senato, una vera e propria mandrakata in favore del 5G. Nella Strategia italiana per la Banda Ultra Larga – Verso la Gigabit Society (sempre in attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), con il Piano di intervento pubblico Italia 5G il ministero della transizione digitale dell’ex top manager del 5G Vittorio Colao stanzia 2,02 miliardi di euro per il comparto della telefonia mobile che, nel frattempo, chiede all’ex collega Colao di rateizzare e non pagare allo Stato entro Settembre 2022 il 73% del contrattualizzato nel 2018 (sempre con lo Stato) nell’asta per l’acquisto dei primi tre lotti di frequenze del 5G. Arriviamo così al 2022, alla notizia di oggi: col Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF) nelle risorse complessive di 191,5 miliardi di euro, la Commissione Europea ha approvato il piano di finanziamento da 2 miliardi di euro proposto dall’Italia nel PNRR per il 5G, già stabilito come gli Stati membri devono “aiutare a semplificare e accelerare le installazioni di rete 5G, che dovrebbero essere agevolate attraverso un regime di dispensa esente da autorizzazioni“, arbitrariamente sviato il pericolo ambientale e sanitario dell’overdose di radiofrequenze, sostenuto come “una valutazione d’impatto non è considerata necessaria” e che la Commissione (europea) non rivaluterà le linee guida sulla radio frequenza prodotte nel 2020“ prodotte dalla discussa e controversa ICNIRP.
Quindi, ricapitolando, nel 2020 arriva in Italia Covid-19, nel 2021 viene approvato il PNRR, nel 2022 si vota il DDL Concorrenza e dall’Europa arrivano fondi a pioggia per il 5G in Italia, negata qualsiasi rivisitazione sanitaria-ambientale, nonostante un studio di 175 pagine nel Parlamento europeo prodotto dallo STOA. E allora come opporsi? Come far sentire la propria voce dal basso? Partendo dai cittadini?
Di certo non come all’Europa vorrebbero chiedere i 1.106 italiani tra i 24.443 firmatari della petizione ECI ‘Resta connesso ma protetto‘. Perché non si sta chiedendo a Bruxelles di congelare i 2 miliardi girati a Draghi-Colao, fermando il 5G con una moratoria internazionale. Non si chiede alla Commissione il blocco di questo scempio tecnologico condotto contro natura ed esseri umani. Non di renderlo inerte, inoffensivo, cercando poi di capire quale funzione l’Internet delle cose avrà nei prossimi anni col 6G dell’Internet dei corpi (da Bruxelles già stanziati 900 milioni di euro, sempre per le Telco), chiedendo nel frattempo chiarezza su quale collegamento potrebbe esserci con le nanotecnologie e i progetti transumanisti delle connessioni neurali. No, con l’iniziativa dei cittadini europei (ECI), si chiede semplicemente di regolamentare il 5G. Un vero e proprio boomerang! Ecco perché.
DDL Concorrenza, la mandrakata del Governo per accelerare il 5G: Sindaci sul piede di guerra

“Non ho fiducia in questa campagna contro il 5G e la trovo in malafede“, dall’Austria sostiene Claire Edwards che nella manovra vede la mano del movimento Extinction Rebellion, organizzazione finanziata da Open Society Foundations del magnate George Soros. “Continuano a vendere alla gente l’idea di avere la capacità di proteggersi dal 5G, da qualcosa che non è nemmeno una singola arma, ma un vero e proprio plotone di armi che sono le più atroci di tutta la storia dell’umanità. L’obiettivo della guerra di oggi è in realtà il cervello umano, a questo puntano col 5G. Sono giunta alla conclusione che tutti sono stati ingannati dalle argomentazioni del 5G e anche l‘attenzione sul 5G è un trucco. Perché in effetti il wireless non è altro che un’arma per dominare le popolazioni“.
Sin dal 2019 con la nascita in Svizzera dell’Alleanza Europea Stop5G, primo atto di coordinamento internazionale nel vasto movimento tecnoribelle, e poi con l’ingresso nel Parlamento europeo, seguite le giornate di protesta mondiale Stop5G e i cortei a Lione sotto la sede dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul cancro e in Olanda a L’Aja sotto quella dell’ONU, Alleanza Italiana Stop 5G è sempre stata in prima linea su tutti i fronti, collaborando anche alle riunioni delle fasi preliminari e preparatorie dell’ECI, sin da quando l’iniziativa venne originariamente partorita in Germania, per poi uscirne alcuni mesi fa con evidente disappunto, così come i gruppi degli attivisti di Spagna e Francia. Non allineati.
“L’ECI è incompleta, troppo tiepida. Non possiamo non prendere atto della scarsa incisività nell’individuare gli obiettivi finali, anche sull’ICNIRP in assenza di una chiara posizione riguardo ai limiti di esposizione. E’ una petizione edulcorata – dalla Francia afferma Denis di Stop Linky 5G Loire – fatta solo per raccogliere consenso. Il comitato, soprattutto nella componente danese e nord europea, si è sempre rifiutato di affrontare la deriva che l’utilizzo della tecnologia avrebbe portato in funzione dell’Internet of bodies, il controllo dei nostri corpi per varie finalità.” E ancora, ripete Marinella Giulietti di Stop5G Umbria che come Denis ha presenziato ai tavoli internazionali e conosce bene il contendere. “Aggiungiamo i tempi lunghissimi di tutta la procedura ed ora anche la più che fondata sfiducia verso le istituzioni europee nonché la presenza, dietro le quinte, di soggetti di dubbia affidabilità ora Safe tech international. Il testo dell’ECI è un‘accozzaglia di informazioni con poca organicità e, soprattutto, chiarezza di intenti. Alla luce, poi, di quello che è successo e sta succedendo per via dell‘emergenza sanitaria, è oltremodo datato e anacronistico“.
Quindi il problema non è solo l’incognita nella raccolta di almeno 1 milione di firme da poter disporre tra i cittadini di almeno 7 nazioni europee (seguendo il trend odierno, a Marzo 2023 quando la petizione finirà si arriverebbe tra le 200-300 mila firme che quindi – nel caso di flop – per la legge delle polarità in un clamoroso autogoal legittimerebbero il 5G in un plebiscito implicito), ma è principalmente di natura strategica: la petizione è blanda, edulcorata, fiacca, chiede di regolamentare il 5G, non di stopparlo in una moratoria internazionale. Non chiede a Bruxelles di fermare il 5G come magari stanno facendo gli scienziati di mezzo mondo, compresi gli autori dello studio STOA depositato nell’europarlamento (“stop all’espansione del 5G, la ricerca sulle alte frequenze del 5G”) E non chiede nemmeno di capire cos’è il 5G in funzione del 6G. E’ questo il motivo per cui la petizione ECI è partita con l’handicap, senza l’appoggio dell’Alleanza Italiana Stop 5G e di tante altre organizzazioni di volontari europei. E’ questo il motivo per cui l’ECI è diventato bersaglio di aspre critiche, persino di quanti ne vedono un subdolo strumento al servizio dei grandi potentati (in una vignetta, si allude anche al cartello lobbistico del Club of Rome), a discapito della vera opposizione popolare al wireless (di qualsiasi generazione). Insomma, messi in fila tutti gli addendi, da Colao all’ECI, passando per i 2 miliardi dall’Europa a Palazzo Chigi, il risultato finale non torna. Tafazzi!
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