Censura, gogna mediatica e predazione digitale: vietato criticare il 5G. Offesi malati MCS e Martin Pall

di Maurizio Martucci

Ne siamo certi: l’Italia lascerà il 43° posto sulla libertà di stampa nella classifica mondiale stilata da Reporter Senza Frontiere. E presto ci ritroveremo insieme a Cina, Eritrea e Corea del Nord, tra i fanalini di coda. Perché ai tempi del Covid-19, dopo la gogna mediatica per Byoblu e Pandora TV (accusati persino di essere i cattivi maestri di sedicenti movimenti sovversivi anti-quarantena), l’ultimo atto della rielaborazione del reato d’opinione è passata nella predazione digitale di un articolo a firma dall’artista Benedetta Paravia, pubblicato, modificato e infine cancellato dall’edizione on-line de La Stampa. Tra i silenzi ambigui e complici di moralisti, teorici dell’etica, imparzialità e deontologia professionale e sindacato dei giornalisti. Che hanno fatto finta di niente.

La colpa della cantante salernitana, conosciuta negli Emirati Arabi come Princess Bee, è la stessa di Romina Power. Essersi esposta, intrufolata tra le maglie oscure del 5G, riportando il virgolettato di una rappresentante regionale dell’Alleanza Italiana Stop 5G. sollevati legittimi dubbi sulla versione ufficiale che non convince per motivare l’anomalo (e sincronico) taglio d’alberi e le modalità di diffusione del virus partito in Cina. “Il mio articolo sul 5G su La Stampa è stato rimosso a causa del deputato Marco Bella – sui social ha scritto Paravia – si è opposto alla libertà di stampa. Eppure riportavo solo fatti ed opinioni“. Opinioni censurate da forze di maggioranza di Governo, in attesa che la neo-task force di Palazzo Chigi – in sinergia con l’AgCom agguerrita per il Fact Checking – si appresti a dispensare bollini di controllo, roba da Ministero della Verità orwelliano per delle vere e proprie prove tecniche di regime!

Non è tutto: se sull’incresciosa vicenda il Sen. Saverio De Bonis ha annunciato un’interrogazione parlamentare e un’esposto in procura, per puntellare il caso, un‘autodefinito acchiappa bufale seriale sul suo blog ha poi offerto la sua chiave di lettura sul caso Paravia , incurante del boomerang che lascia capire più d’ogni altro commento: “Mi sono limitato a segnalare pubblicamente la cosa a Vodafone, Huawei, Ericsson e WindTre, che oltretutto sono spesso inserzionisti pubblicitari del giornale che li sta infangando – ha scritto il blogger a caccia di bufale – Chissà che magari il rischio di perdere gli introiti pubblicitari possa arrivare dove la dignità giornalistica fallisce.”

L’opinione circostanziata della Paravia (ripresa da altre testate di scuderia, Il Secolo XIX, Messaggero Veneto, Il Piccolo e Gazzetta di Mantova) ha poi suscitato le attenzioni anche de Il Foglio. “Ah, una pandemia 5G“, il titolo, “Virus e campi magnetici: la vuota teoria dell’illustre prof. Pall, che ha anche un bel conflitto d’interesse“. A firma Enrico Bucci, l’articolo sperculeggia senza fondata antitesi la denuncia delle falle del 5G, scadendo nella denigrazione sciatta (lo stesso è accaduto oggi su Rai Tre a TGR Leonardo) di un’eccellenza del mondo accademico statunitense come il noto bio-chimico Martin Pall (professore emerito dell’Università di Washington a Seattle, sue tra le migliori ricerche al mondo sulle malattie ambientali come Sensibilità Chimica Multipla, Sindrome da Fatica Cronica, Fibromialgia ed Elettrosensibilità) e persino i malati di Sensibilità Chimica Multipla, definiti pure loro una bufala: “si può notare – ha scritto Bucci – non solo come nessuno dei suoi articoli possa fornire il più vago supporto scientifico alle teorie sul 5G di cui mena vanto, ma soprattutto come in compenso non vi è quasi nessuna fra le teorie più esoteriche del campo medico di cui costui non si sia occupato – dalla sensibilità chimica multipla (una nota bufala) ad altre simili amenità.“.

La migliore replica? La straordinaria e fiorente attività pubblicistica di Martin Pall (lo scorso anno in conferenza stampa a Bruxelles nel Parlamento Europeo sui richi del 5G) e una dichiarazione a botta calda del Comitato Oltre la MCS, aderente all’Alleanza Italiana Stop 5G in rappresentanza dei tanti (troppi) malati invisibili. Ai quali Bucci dovrebbe semplicemente chiedere scusa. Adesso, subito. A loro e alle loro famiglie.

MARTIN PALL – PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE SU MCS-EHS-CFS

COMITATO OLTRE LA MCS – su articolo del Il Foglio

Chi afferma che la MCS sia una bufala, nega gli effetti dell’inquinamento ambientale sugli uomini e su tutti gli esseri viventi; nega che le sostanze chimiche possano intossicare gli organismi; nega che le onde elettromagnetiche possano provocare danni multiorgano; nega le difficoltà e le tribolazioni di tanti malati umiliandoli nel loro dolore.

In Germania sin dal 1998 l’MCS è classificata nell’International Code of Disease (ICD) stilata dall’O.M.S. con il codice T 78.4; l’Austria ha inserito l’M.C.S nell’ICD-10, con il codice T 78.4 fin dal 2001; il Giappone, ha inserito dall’ottobre 2009 nell’ICD 10 l’M.C.S con il codice T 65.9; in Danimarca con il codice DR 688 A1; la Spagna ha riconosciuto l’M.C.S. con il codice 995.3 nel loro ICD-9, poi dal 01-01-2016 variato nel codice ICD 10 T 78.4; In Finlandia è stato assegnato alla patologia il codice R 68.81.

In Italia attualmente ci sono due centri per la cura, uno in Emilia Romagna, uno nel Veneto e ben presto seguiranno quelli della Calabria, dell’Umbria e delle Marche, mentre in altre regioni sono aperti tavoli di interesse e discussione come in Sicilia. Anche se al momento non vi è il riconoscimento a livello Nazionale, attualmente ci sono ben due Disegni di Legge in discussione al Senato della Repubblica.

Negare le evidenze scientifiche sugli effetti delle onde millimetriche o negare una patologia invalidante,, multiorgano che sottopone i malati ad un evitamento sociale e non solo sotto epidemia Covid-19, significa negare gli studi, le ricerche di diversi ricercatori, anche in considerazione del Consenso Italiano sottoscritto nel 2019 da ricercatori, medici e scienziati tutti Italiani che va ad affiancare il Consenso Internazionale sulla MCS del 1999.”

RIPRODUZIONE CONSENTITA, CITANDO AUTORE E FONTE

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