
di Maurizio Martucci
5G, la corsa contro il tempo si fa sempre più serrata. E si conduce anche a colpi di informazione, nell’intento disperato di recuperare oggi quanto imperdonabilmente omesso ieri: la conta di vittime e ammalati nelle sentenze di tribunale, i dubbi su ipotizzati conflitti d’interessi e reale natura degli enti privati deputati alla protezione della popolazione dall’elettrosmog, uniti alle preoccupazioni per l’assenza di test preliminari sugli effetti socio-sanitari-ambientali delle inesplorate radiofrequenze del 5G, costringono la lobby delle telecomunicazioni ad uscire allo scoperto nel disperato tentativo di silenziare il mantra “cittadini allarmati”: a distanza ravvicinata di pochi giorni l’una dall’altra, compiute due azioni in rapida sequenza, manco fosse una partita a scacchi.
Prima mossa. All’indomani della mozione sottoscritta da cinque deputati per impegnare il Governo italiano nella moratoria nazionale, l’11 Giugno un comunicato stampa di Asstel (Confindustria digitale, aziende del settore wireless) reitera “la proposta già formulata alla Commissione Parlamentare di istituire una Commissione governativa scientifica permanente, come già esiste in altri paesi europei, con il compito di effettuare il monitoraggio costante degli esisti della ricerca scientifica a livello internazionale, affinché vi sia un aggiornamento costante sullo stato del conoscenza e sui suoi progressi nel tempo”.

Seconda mossa. Tre giorni fa, il 2 Luglio, ancora Asstel profila il target e indirizza una lettera bonaria ai 120 sindaci dei piccoli Comuni d’Italia individuati dall’AgCom nella famigerata delibera del 2018 in cui si sono stabilite “le procedure per l’assegnazione e le regole per l’utilizzo delle frequenze disponibili nelle bande 694-790 MHz, 3600-3800 MHz e 26.5-27.5 GHz per sistemi terrestri di comunicazioni elettroniche al fine di favorire la transizione verso la tecnologia 5G”.
In esclusiva assoluta per OASI SANA, la lettera di Asstel riprende un link del sito dell’Associazione Nazionale Comuni d’Italia per affermare al Sindaco che il “il Suo Comune non è stato sorteggiato ma scelto dall’AgCom” e che il “5G non sarà una sperimentazione ma un’offerta commerciale”, minimizzando l’adozione di radiofrequenze nella bande delle millimetriche, negando l’imminente innalzamento dei livelli d’inquinamento elettromagnetico, trincerandosi dietro le soglie cautelative della Legge Quadro 2001 e il parere del surriscaldamento termico prodotto della Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (la nota ICNIRP), col solo scopo di chiarire come “le imprese di telecomunicazioni sono anche consapevoli che singoli studi hanno messo i discussione le fonti qui richiamate ma – allo stato – tali evidenze non sono state ritenute dagli organismi ufficiali come decisive per rivedere le classificazioni”.
Punto per punto, in sintesi ecco le grossolane distorsioni. E le verità arbitrariamente nascoste nella lettera della lobby 5G ai sindaci italiani:
Genesi, identità, operato ed evoluzione dell’ICNIRP. Si tratta di un’associazione privata non governativa con sede in Germania, composta da fisici, tecnici e non medici di chiara matrice negazionista (cioè negano danni alla salute umana), già al centro di scandali e clamorosi conflitti d’interessi seguite dalle dimissioni di fondatore e massimi rappresentanti. L’ICNIRP è stata citata nella perizia assunta dal Tribunale di Monza nel procedimento concluso nella recente sentenza in cui la magistratura ha riconosciuto il nesso elettrosmog=cancro ad un lavoratore danneggiato da radiofrequenze dal Prof. Angelo Gino Levis (ex cattedratico di Mutagenesi Ambientale all’Università di Padova, ex collaboratore Organizzazione Mondiale della Sanità OMS e presidente onorario dell’Associazione per la Protezione e Lotta all’Elettrosmog, ma soprattutto allievo del Prof. Lorenzo Tomatis fondatore dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro – IARC): 34 esponenti ICNIRP si sono infatti rivelati in stretta vicinanza (se non addirittura assoldati o in consulenza) con le aziende telefoniche così come certificato, calando pesanti ombre e delegittimando le ricerche prodotte all’OMS. Dall’America anche il Prof. Martin Pall (emerito biochimico Washington University) ha duramente attaccato l’ICNIRP (fissa a ben 61 V/m i limiti soglia d’irradiazione di campo elettrico) chiedendone esplicitamente la chiusura, smontando l’aggiornamento 2018 sulle linee guida per i limiti alle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, denunciando come l’ICNIRP continui irrazionalmente a basarsi su deduzioni empiriche obsolete, ferme ai soli effetti termici, calcolato il tasso di assorbimento (SAR) su un manichino riempito di gel, negando apertamente gli esiti cancerogeni negli aggiornamenti della vasta letteratura biomedica, non ultimo negando pure gli effetti biologici e dannosi delle onde non ionizzanti. Non meraviglia poi che Asstel abbia citato l’ICNIRP e non il Comitato Europeo sul Rischio Radiazioni Non Ionizzanti (ECRR) di Bruxelles che, invocata una riforma giuridica tramite valutazioni di rischio ambientale basati su studi epidemiologici e test su cavie uomo-equivalenti (quindi non manichini), richiama la Risoluzione 2009 del Parlamento Europeo e quella del 2011 del Consiglio d’Europa perorando l’abbassamento delle soglie limite verso i più sicuri 0,6-0,2 V/m, uscendo dall’equivoco della misurazione istantanea seguendo invece la tesi della dose accumulata nel tempo, cioè la dose totale assorbita da ogni singolo essere umano come fattore correttivo per frequenze multiple e cumulative a cui siamo tutti esposti per la sommatoria di 2G, 3G, 4G, Wi-Fi, Wi-Max e ora pure 5G. Una vera e propria rivoluzione che stravolgerebbe il corso della storia sulla presunta sicurezza delle nuove tecnologie.
- Sulla negazione dell’imminente innalzamento per legge dei limiti soglia d’irradiazione elettromagnetica, il contenuto della lettera di Asstel viene poi smentito dalle stesse aziende telefoniche. Solo per citare due casi, Fastweb proprio ieri scrive sul suo sito che “da uno studio del Politecnico di Milano e del CNR risulta che il 62% degli attuali siti che ospitano antenne non può accogliere altri trasmettitori senza che vengano sforate le soglie di legge, quindi se non verranno aggiunti altri siti la qualità del 5G in Italia sarà pessima e la copertura sarà a macchia di leopardo”, mentre nell’audizione parlamentare dell’altro ieri in commissione al Senato, Wind Tre ha affermato di aspettarsi “al più presto dalle istituzioni, dal Governo e dal Parlamento che si possano adeguare i limiti elettromagnetici alla media europea”. Che significa? Tradotto in soldoni dagli attuali 6 V/m (media nelle 24 ore) la lobby vuole spingerci dentro un brodo elettromagnetico di 61 V/m (ovvero in fisica, 110 volte più di oggi!). Alla faccia del negazionismo!
- Sul temporaneo non utilizzo delle inesplorate microonde millimetriche, incassati dal Governo 6,55 miliardi di euro dall’industria nell’asta del 2018 per la gara 1275 MHz di spettro nelle bande pioniere per il 5G, basta semplicemente rimarcare come le millimetriche sono nei 1000 MHz nella banda a 26 GHz (le centimetriche nelle 200 MHz nella banda a 3.7 GHz e 75 MHz in quella a 700 MHz), e come lo stesso tipo di operazione ‘salvataggio’ intentata adesso in Italia da Asstel per placare gli animi dei sindaci tecnoribelli, sia stata furbescamente adottata anche in Svizzera per far rientrare la moratoria sul 5G recentemente approvata nel cantone di Valdo, rassicurando la federazione elvetica sull’uso inziale delle centimetriche, nascondendo come invece le millimetriche verosimilmente da milioni di mini-antenne sui lampioni della luce e dai tombini dei marciapiedi saranno per gioco-forza usate nell’inevitabile secondo step, essendo frequenze regolarmente acquistate all’asta e indispensabili al funzionamento dell’Internet delle cose, omettendo come proprio le radiofrequenze televisive (700 Mhz) spacciate da Asstel per innocue e sicure sono causa dalla dismissione d’infrastruttura tecnologica in questi giorni nel nord Italia, dove si sta smantellando 200 antenne di confine di proprietà della Radio Televisione Svizzera Italiana perché, a detta di Doris Longoni (responsabile comunicazione RSI), “emettevano radiazioni nocive che ora potranno cessare”.

- Sul passaggio per l’aggiornamento degli studi sulla cancerogenesi da elettrosmog (altro scivolone clamoroso!) in cui Asstel afferma ai sindaci italiani che “tali evidenze non sono state ritenute dagli organismi ufficiali come decisive per rivedere le classificazioni”, basta ricordare come proprio di recente la IARC (afferente OMS) ha ufficializzato la rivalutazione della classificazione delle radiofrequenze nella lista degli agenti cancerogeni per l’umanità, indicandone la priorità nella valutazione sull’aggiornamento degli effetti biologici nelle “Raccomandazioni del gruppo consultivo sulle priorità per la Monografia IARC” per il periodo 2020-2024, tra gli agenti con precedenza di valutazione, spostandone la classificazione da Classe 2B (possibili agenti cancerogeni) in Classe 2A (probabili agenti cancerogeni) se non addirittura in Classe 1 (cancerogeni certi), nelle evidenze emerse dai test dell’americano National Toxicology Program e dell’Istituto Ramazzini. Non solo. Essendo il 5G notoriamente privo di studi preliminari sui rischi socio-sanitari-ambientali, dai lavori del 1° Congresso Internazionale dell’alleanza europea Stop 5G è stato ufficializzato come entro il 2019 proprio il Centro per la Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini inizierà a studiarne gli effetti, attesa l’inerzia dell’industria, dell’Europa e dei Governi nazionali che – finora – stranamente non hanno finanziato alcuna ricerca.
- Altra clamorosa omissione nella lettera della lobby del 5G ai sindaci è il richiamo agli organismi consultivi d’Europa: agli inizi del 2019 un campanello d’allarme l’ha lanciato il Comitato Scientifico sui rischi sanitari ambientali ed emergenti (SCHEER) della Comunità Europea che, in un documento protocollato a Bruxelles, ha messo nero su bianco come il 5G “evidenzia criticità sconosciute sui problemi di salute e sicurezza. La polemica è in merito ai danni causati dalle attuali tecnologie wireless 2G, 3G e 4G.” E ancora. “Gli effetti della radiazione elettromagnetica sono stati generalmente ben studiati, tuttavia la radiazione elettromagnetica di bassa frequenza è meno studiata.” E infine: “L’esposizione ai campi elettromagnetici potrebbe influenzare l’uomo rimane un’area controversa e gli studi non hanno fornito prove chiare dell’impatto su mammiferi, uccelli o insetti. La mancanza di prove chiare per informare lo sviluppo delle linee guida sull’esposizione alla tecnologia 5G lascia aperta la possibilità di conseguenze biologiche non intenzionali”. Sempre dall’Europa, anche la Direzione generale per le politiche europee del Dipartimento tematico per le politiche economiche, scientifiche e di qualità della vita, incaricata dalla Commissione Industria, Ricerca ed Energia del Parlamento Europeo di svolgere un’approfondita analisi sullo sviluppo del 5G, ha detto che “si sta delineando una preoccupazione significativa sul possibile impatto sulla salute e sulla sicurezza derivanti da un’esposizione potenzialmente molto più elevata alla radiazione elettromagnetica a radiofrequenza derivante dal 5G”. Lo studio del Parlamento Europeo, aggiornato ad Aprile 2019, sostiene che “l’aumento dell’esposizione può derivare non solo dall’uso di frequenze molto più elevate del 5G, ma anche dall’accumulo per l’aggregazione di segnali diversi, dalla loro natura dinamica e dai complessi effetti di interferenza che possono derivare, specialmente nelle aree urbane densamente popolate.” E ancora: “I campi (elettromagnetici) delle emissioni radio del 5G sono molto diversi da quelli usati dalle generazioni precedenti (degli standard 2G, 3G e 4G) a causa delle loro complesse trasmissioni beamformed in entrambe le direzioni – cioè dalla stazione radio base al portatile e viceversa. Sebbene i campi (elettromagnetici) siano altamente focalizzati dai raggi, variano rapidamente con il tempo e il movimento e quindi sono imprevedibili, poiché i livelli e i modelli del segnale interagiscono come un sistema a circuito chiuso. Questo deve ancora essere mappato in modo affidabile per situazioni reali, al di fuori del laboratorio (…) il problema è che al momento non è possibile simulare o misurare accuratamente le emissioni di 5G nel mondo reale”. Apriti cielo, mica una cosetta da poco: dall’Europa annunciano urbi et orbi che le conseguenze del 5G sull’umanità saranno scontate direttamente sulla pelle dei cittadini, ignari del pericolo!

E’ proprio per questo che molti sindaci non ci stanno. E non vogliono il 5G. E dai piccoli e grandi centri parte la tecnoribellione! Se una sessantina di amministrazioni è già indirizzata per la linea della precauzione, 14 Comuni hanno infatti approvato delibere di giunta Stop 5G o mozioni di consiglio comunale Stop 5G, così come la moratoria sul territorio viene invocata anche da Franca Biglio, sindaco cuneese di Marsaglia artefice della prima ordinanza italiana urgente e contingibile contraria all’avanzata del 5G, nonché battagliero presidente dell’Associazione Nazionale dei Piccoli Comuni d’Italia (ANPCI): sulle colonne economiche di ‘Italia Oggi’, l’ANPCI (all’opposto dell’ANCI allineata al 5G) afferma infatti che ‘i Comuni non sono cavie, in attesa che la scienza si pronunci i sindaci sono liberi di aderire o no alla sperimentazione’, libertà di scelta e moratoria rivendicate pure su la ‘Gazzetta del Tevere’ da Silverio De Bonis (Sindaco di Filacciano, Roma), rappresentante della delegazione dei primi cittadini del Lazio.

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