Corte d’Appello di Torino riconosce tumore all’orecchio da telefonino, ennesima sentenza anti-negazionista

“Esiste un’elevata probabilità che fu il cellulare a causare il tumore anche in relazione all’esclusione dell’intervento di fattori causali alternativi. (…)  in assenza di possibili cause, vi è la presenza di un unico fattore di rischio costituito da un’esposizione prolungata a radiofrequenze”. Così il 2 Novembre 2022 una sentenza della Corte d’Appello di Torino ha confermato il nesso causale tra l’uso prolungato del telefono cellulare e l’insorgenza di un neurinoma del nervo acustico, ovvero un tumore all’orecchio, dando ragione a Michele Nania, un pensionato di 63 anni ex dipendente dell’Acciai Speciali Cogne, un’azienda della Valle d’Aosta, che per 13 anni per motivi di lavoro ha usato per una media di tre ore al giorno il cellulare, più un’ulteriore ora per uso personale, per un totale stimato tra 12 e 14mila ore complessive di wireless sulla testa tra il 1995 e il 2008. Riconosciuta dai giudici la malattia professionale col 53% di invalidità, all’ex dipendente l’INAIL dovrà adesso percepire un indennizzo mensile di circa 350 euro per sordità sinistra, paresi del nervo facciale, disturbo dell’equilibrio e sindrome depressiva, ovvero gli effetti biologici da elettrosmog già riconosciuti in primo grado dal Tribunale di Aosta, confermati in secondo grado dalla Corte d’Appello di Torino sezione lavoro presieduta dal presidente Michele Milani. Si tratta dell’ennesima sentenza in favore di danneggiati da radiofrequenze, l’ennesimo verdetto che sconfessa le obsolete teorie negazioniste del danno.

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Si tratta di una sentenza scritta da scienziati fra scienziati in cui il ruolo dei giuristi è stato marginale – sottolineano gli avvocati Stefano BertoneChiara Gribaudo e Jacopo Giunta che dimostra che le radiofrequenze possono causare tumore. Le radiofrequenze, infatti, a differenza dello scarico di un motore diesel che si percepisce con l’olfatto o della lama di un coltello che si percepisce con il tatto, si percepiscono solo con i rilevatori elettrici, i wi-fi, le cosiddette ‘saponette’, gli ‘hotspot’ emettono e ricevono tutte radiofrequenze. La distanza resta dunque il miglior alleato e non andrebbero mai tenuti a contatto con il corpo”. L’INAIL, ricorsa in giudizio nell’appello perso, è stata poi condannata a 10.000 euro di soccombenza, oltre alle spese legali e perizie tecniche.

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Gli avvocati Bertone e Renato Ambrosio stanno seguendo anche altri cinque casi di persone che si sono ammalate di neurinoma o sono decedute per glioblastomi. Secondo l’ultimo rapporto dell’agenzia di sanità pubblica francese Santé Publique France rispetto al 2018 c’è stata un impennata di ben 4 volte del glioblastoma, maligno tumore al cervello studiato in Italia dall’Alleanza Contro il Cancro nella relazione con l’irradiazione di radiofrequenze e campi elettromagnetici.

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Sempre la Corte d’Appello di Torino, nel 2020 aveva sentenziato in favore di Roberto Romeo (intervenuto al Senato nel convegno promosso dall’Alleanza Italiana Stop 5G), confermando integralmente sentenza del Tribunale di Ivrea del 2017: è vero che il neurinoma dell’acustico è stato causato da uso lavorativo del cellulare. Nel 2012, la Corte Suprema di Cassazione aveva invece dato ragione all’ex manager bresciano Innocente Marcolini, anche lui colpito alla testa da cancro provocato da elettrosmog. Orami la giurisprudenza in materia comincia a farsi sempre più robusta ed evidente nel riconoscimento del danno.

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