di Maurizio Martucci
Aveva ragione il Prof. Gioberti (Nino Taranto) nel celebre film con lo smemorato Totò: “in questo manicomio succedono cose da pazzi!” Il manicomio in questione è quella di Milano, Smart City da (circa) 1.200 stazioni radio base, cioé le antenne spesso sui tetti dei palazzi, pronte a moltiplicarsi per far spazio all’Internet delle cose. Cosa da pazzi invece è la posizione della giunta Giuseppe Sala, non intenzionata a cofinanziare una ricerca indipendente per capire gli effetti socio-sanitari delle inesplorate radiofrequenze del 5G (“dovrebbe essere meno nocivo del 4G“, sentenzia al condizionale con poche certezze l’assessora alla Trasformazione digitale e Servizi civici Roberta Cocco), nonostante l’ambiguità di alcune aziende sanitarie locali e la steccata dell’ARPA Lombardia: gli addetti ai lavori confermano i pericoli di sforamento delle soglie di legge, timori arrivati anche da altre agenzia regionali per la protezione ambientale e finite in una mirata interrogazione parlamentare ancora senza risposta.
“A Milano – afferma ARPA Lombardia – a causa dell’elevato numero di stazioni radiobase e di sistemi trasmissivi autorizzati, è notevolmente aumentata, negli ultimi anni, l’estensione di aree con spazio elettromagnetico saturo, poiché numerosi sono ormai i siti nell’intorno dei quali i valori di campo elettromagnetico simulati sulla base della potenza autorizzata, danno luogo al superamento del valore di attenzione. Di conseguenza pareri ambientali preventivi all’implementazione di nuove tecniche trasmissive emessi da ARPA Lombardia ai sensi della normativa vigente spesso sono negativi, con conseguente criticità per lo sviluppo della rete 5G.”
Lo ha messo nero su bianco Daniela Carmela de Bartolo, dirigente fisico delle attività produttive di ARPA Lombardia, intervenuta a Roma nel recente seminario di studio da titolo “Procedure autorizzative degli impianti di telefonia mobile 5G” tenuto nell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale . In pratica l’ARPA sostiene come nella Milano Smart City il fondo elettromagnetico sia pressoché saturo dall’irradiazione multipla e cumulativa di radiofrequenze prodotte da antenne già installate e operative (tecnologia 2G, 3G, 4G), motivo per cui i pareri preventivi tecnici per installare nuova infrastruttura tecnologica 5G sono negativi, considerato lo sforamento dei valori di attenzione di campo elettromagnetico stabiliti per legge (36/2001) a 6 V/m.
Il valore di attenzione è un parametro fondamentale, che riguarda proprio la protezione della popolazione irradiata in ambienti abitativi, scuole e siti di lunga permanenza, valore pensato dal legislatore proprio per tutelare la salute da pericolosi effetti a lungo termine dei campi elettromagnetici. Motivo per cui, di recente, Paola Pisano Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione è tornata sull’innalzamento dei valori di campo elettrico, facendo intendere che – esattamente come chiedono da tempo le aziende del 5G – potremmo presto finire sui livelli soglia di 61 V/m, cioé + 100 volte rispetto ad oggi: “ci vuole unità per le emissioni sulla soglia di emissioni elettromagnetiche delle frequenze utilizzate per le connessioni 5G.” Un tema di cui “stiamo dibattendo all’interno del governo, stiamo seguendo l’Ue su tutta la trasformazione digitale. Crediamo nell’Ue, che debba diventare un Paese unico per competere con Usa e Cina. Ci vuole unità di mercato, leggi simili e strategie simili”, ha detto la ministra per l’innovazione e la digitalizzazione sullo sviluppo del 5G. “La legislazione in Italia ci penalizza, in Ue ci sono altri limiti, dobbiamo capire se dobbiamo andare verso l’Europa o essere sempre restrittivi e non permettere la competizione“.
A chi, come Comune di Milano e al Ministero dell’Innovazione, abbraccia con estrema disinvoltura il 5G continuando a perorare solo la causa dell’ipotizzato sviluppo economico (… ma poi quale sarebbe? se con l’Intelligenza artificiale sono previsti esuberi e licenziamenti di intelligenza umana?), dovremmo sottoporre la relazione ARPA e gli esiti delle ricerche indipendenti di scienza e medicina che insistono perché – più che a non innalzare i livelli d’irradiazione – si dovrebbe pensare di abbassarli verso soglie più sicure, per finire a minimizzare il pericolo al prudenziale e cautelativo 0,6 V/m, come recepito dall’Assemblea Plenaria del Consiglio d’Europa nel 2011. In tempi non sospetti, nel 2011 mica un millennio fa, quando le radiofrequenze entrarono per la prima volta nella black list dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro tra gli agenti cancerogeni per l’umanità. Cose da pazzi.
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