Manca la strumentazione tecnica: l’ARPA non può rilevare l’inquinamento del 5G. Faremo (tutti) un salto nel buio! NOTIZIA ESCLUSIVA OASI SANA

di Maurizio Martucci

Bufalaro un tanto al chilo chi nega l’evidenza! Non bastava l’omessa valutazione sanitaria prevista per legge dal 1978. Non bastava neppure la denuncia parlamentare sui conflitti d’interessi in capo ai ricercatori negazionisti dell’Istituto Superiore di Sanità, autori del recente studio macchiato dall’ombra di contiguità con le aziende. E non bastava nemmeno la mancanza di studi preliminari d’impatto ambientale per gli effetti su umanità ed ecosistema, irradiazione da inesplorate radiofrequenze (possibili cancerogene dal 2011), pensate in maniera ubiquitaria 24 ore al giorno addosso al 99% della popolazione, sul 98% del suolo italiano.

Perché adesso, proprio quando il Parlamento ha impegnato il Governo nell’approfondimento degli studi e delle ricerche sull’elettromagnetismo”, garantendo “un monitoraggio costante e continuativo da parte del Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento elettromagnetico”, spunta fuori che le agenzie regionali per la protezione ambientale – cioè le ARPA – non hanno gli strumenti tecnici per misurare intensità e livelli d’elettrosmog del 5G. Ergo, nessuno potrà capire come e quanto il 5G ci inquina!

Stando a quanto riportato dagli organizzatori, lo ha rivelato Cristina Ivaldi, dirigente medico di ARPA Piemonte responsabile della struttura di prevenzione e previsione dei rischi sanitari, intervenuta nel recente simposio dell’Ordine dei Medici di Torino: “ad oggi non è disponibile in commercio la strumentazione validata per misurare il campo elettromagnetico generato dal 5G”. In pratica l’agenzia regionale, cioè l’unico ente pubblico deputato per legge a misurare obiettivi di qualità, livelli d’attenzione, esposizione e limite soglie di campo elettrico registrato nella media giornaliera di 6 V/m, possiede strumentazione tecnica in grado di catturare frequenze esclusivamente fino ad un range con intervallo di frequenza di 20 Ghz mentre, dall’asta governativa conclusa con l’incasso di 6,55 miliardi di euro nei tre lotti venduti alle aziende per il 5G, le microonde millimetriche del wireless di quinta generazione si spingono fino a 26,5 e 27,5 Ghz (200 Mhz di spettro), cioè un range molto più alto di pulsazione che allo stato attuale l’ARPA non può monitorare, con l’Internet delle cose lasciato indisturbato a poter fare quello che vuole senza che l’ente pubblico preposto al controllo lo possa monitorare, certificandone tasso d’inquinamento d’elettrosmog (ed eventuali sforamenti e anomalie)!

Commentando la notizia, Cataldo Curatella (presidente commissione Smart City sotto la Mole) ha scritto su Facebook: “Quanto dichiarato da Arpa Piemonte non è una novità, son circa 2 anni che ci viene detto in Commissione Smart City a Torino, dalla Dr.ssa Ivaldi e dal Dr. D’Amore. Dichiarazioni fatte alla presenza dell’ex assessore innovazione ora neo-ministro del 5G“. E poi: “È necessario fermarsi, sospendendo ogni attività sul 5G, e tutelare la salute delle persone prima di procedere con una estensione di tecnologia su cui mancano sia certezze sulla sicurezza sia strumenti validati per controllare le esposizioni sia limiti di emissione di legge che garantiscano realmente la salute! “

Come Torino anche Trento. Stessa anomalia, per altro, già denunciata dall’APPA della provincia autonoma di Trento in un incontro sul 5G del 24 Giugno, promosso su iniziativa del consiglio della Provincia Autonoma di Trento . Qui venne fuori anche “un’assenza di una consolidata e completa normativa tecnica di riferimento“. Disse Stefano Pegoretti, funzionario ambientale intervenuto nel dibattito: “Citando direttamente dalla norma, si evidenza che per i sistemi 5G la misura è significativa per il solo punto di misurazione, quindi non può essere considerata sintomatica del campo elettromagnetico che è presente nell’area di copertura della cella. Inoltre, in attesa che la Commissione elettrotecnica internazionale dia indicazioni in merito, la misura del 5G può essere utilizzata come prima misura del campo elettromagnetico ma non per la verifica del campo elettromagnetico, dove per verifica si intende nella norma un confronto con i limiti di legge, quindi eventualmente determinare il rispetto o il superamento dei limiti

L’evidenza la può negare solo un incompetente, o peggio ancora chi in mala fede persegue altri scopi trincerandosi dietro una bonaria rassicurazione di facciata, nascondendo uno spauracchio ormai alle porte di 60 milioni di italiani. Che il 5G non sia sicuro lo affermano infatti aule di tribunale, organismi consultivi dell’Unione Europea, spezzoni della politica italiana e 63 Comuni che – a vario titolo – hanno ufficialmente approvato atti amministrativi per la moratoria e la precauzione. Il Governo continua imperterrito nella perseverazione del rischio, incurante degli allarmi lanciati dalla comunità medico-scientifica: nessuno, a questo punto nemmeno l’ARPA, difende più i cittadini, sempre più vilipesi e lesi nei diritti costituzionali, cardine di uno stato di diritto. Per questo ci si solleva dal basso, con consapevolezza, coscienza e partecipazione: il 5 Novembre a Roma, dentro e fuori il Parlamento, con l’Alleanza Italiana Stop 5G ci sarà l’occasione per poter esprimere dissenso e contrarietà verso una pericolosissima sperimentazione che non ha precedenti nella storia dell’umanità. Urge una moratoria nazionale e una stagione riformista che ridisegni perimetro e leggi dell’esposizione elettromagnetica. Prima che sia troppo tardi: noi, non siamo cavie umane!

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