
Più comunemente e per tutti Aldo, Cataldo Curatella è consigliere comunale di Torino, MoVimento 5 Stelle, presidente della Commissione Smart City, promotore della mozione per la precauzione approvata in aula sotto la Mole, relatore a Montecitorio nella conferenza stampa dell’Alleanza Italiana Stop 5G per la moratoria nazionale.
Curatella, oltre ad esserne collega nel movimento, conosce bene Paola Pisano, ex assessore al digitale nella giunta Appendino, neo-ministro dell’Innovazione nel Governo Conte Bis al posto lasciato al MISE da Di Maio, vero e proprio mattatore del 5G (venduto all’asta senza parere sanitario), Piazza Wi-Fi Italia e Intelligenza Artificiale.
Del ministro Pisano, o meglio della missione all’Innovazione digitale in carico al ministro Pisano (visto che non l’ha mai nominata), Curatella ne ha voluto dare un ritratto ravvicinato con un lungo post pubblicato sul suo profilo Facebook. Il ragionamento è facile: non può esserci innovazione tecnologica senza preliminare valutazione d’impatto ambientale, socio-sanitario!

Innovazione!
Questa la parola d’ordine che da sempre vige in tutte le aziende che, per sopravvivere ed essere competitive sul mercato, cercano di migliorare la propria comunicazione e i propri prodotti o servizi facendo affidamento sulle nuove tecnologie su cui hanno anche investito in ricerca e sviluppo.
Nuove tecnologie che per una azienda vogliono dire principalmente incremento dei propri profitti.
Per restare sul mercato, o per continuare ad avere ricchi bilanci, è un passo obbligato per ciascuna azienda.
Una domanda mi sorge quindi spontanea: in una Amministrazione o in un Governo (regionale o nazionale) l’innovazione è prettamente una questione tecnologica da affrontarsi come si fosse in una azienda e limitandosi a sperimentarla/attuarla con un atteggiamento meramente tecnico?
Personalmente credo che in politica l’innovazione non possa limitarsi a un atteggiamento meramente tecnico, puntando alla semplice (e banale mi verrebbe da dire) implementazione/sperimentazione in ambito locale/nazionale di quanto le aziende propongono come innovazione tecnologica e/o di frontiera.
Innovazione in ambito politico deve significare avere, innanzitutto, una visione del futuro che si intende raggiungere, del miglioramento che si vuol portare nella qualità di vita dei cittadini e, soprattutto, di quali siano ad esempio gli impatti sociali, sanitari e/o ambientali che tale innovazione comporterà, compresi tutti i potenziali rischi connessi.
Qui di seguito due esempi di innovazione su cui credo necessaria e obbligatoria una analisi politica approfondita valutando non solo le migliorie che potenzialmente porteranno nella vita quotidiana di tutti ma anche gli impatti su menzionati per evitare che i vantaggi economici siano a scapito dei cittadini, governando il cambiamento e non facendolo subire imponendolo.
1) Guida autonoma (aerea e terrestre): l’obiettivo di tale innovazione è consentire il trasporto di merci e persone utilizzando veicoli, aerei o terrestri.
Con tale innovazione, attualmente in fase di sperimentazione, molti dei lavori attualmente svolti mediante l’utilizzo di forza lavoro “umana” tenderanno a sparire nel medio/lungo termine.
Tir elettrici che viaggeranno lungo le autostrade senza conducente, taxi completamente autonomi, rider sostituiti da droni per le consegne, pattuglie di polizia locale e stradale completamente sostituiti da droni per la sicurezza.
Cosa accadrà nel mondo del lavoro e quali impatti sociali ci saranno a partire dai lavoratori che oggi svolgono tali attività?
Certamente, nasceranno nuove attività lavorative che ad oggi non riusciamo a immaginare ma che difficilmente credo potranno garantire la copertura della forza lavoro umana nella sua totalità.
E non serve avere chissà quale immaginazione o pensiero catastrofico per pensare a questo, è sufficiente analizzare il cambio avvenuto ad esempio nella forza lavoro operaia nelle catene di montaggio con l’introduzione delle celle robotizzate che ha portato alla progressiva e irreversibile riduzione della classe operaia.
A tali problematiche di tipo sociale è la politica che deve dare una risposta, anticipando i tempi e cercando di capire sia l’evoluzione del mercato del lavoro anche a seguito delle innovazioni che oggi si stanno sperimentando ma che nel giro 5/10 anni saranno realtà quotidiana sia quali soluzioni politiche è necessario attuare in modo preventivo per garantire una soluzione a tale problematica a tutela di tutti i cittadini per una vita dignitosa.

2) 5G (con i futuri 6G, 7G, ecc.) ed innovazione nel campo della radiocomunicazione: le multinazionali elettroniche e le società TLC stanno spingendo molto per la dislocazione rapida del 5G per consentire la comunicazione da ogni angolo della Terra, oltre che dal cielo per tramite dei circa 20.000 satelliti previsti in orbita, e anche nelle profondità oceaniche con l’avvento dei futuri 6G e 7G, in fase di sperimentazione anche in Cina.
Una spinta all’avanzamento tecnologico che è comprensibile per le aziende del settore e su cui ritengo sia obbligatorio per la politica, locale e nazionale, l’utilizzo di un approccio non solo cautelativo ma anche preventivo.
Approccio cautelativo che diventa ancora più necessario in questo ambito se si tiene in conto che sulla esposizione ai campi elettromagnetici esistono forti e documentati dubbi da parte della comunità scientifica internazionale e non solo nazionale.
Non è accettabile che chi ricopre un ruolo istituzionale, magari passando da un livello locale verso un livello nazionale, si limiti ad agire lavandosene le mani perché “non si è un medico” oppure perché l’ICNIRP (Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti) ha stabilito negli anni ’90 limiti per i soli effetti termici (ovvero riscaldamento per effetto del cellulare poggiato sul corpo) indicando che non ritiene vi siano effetti di tipo non termico dall’esposizione a campi elettromagnetici.
Politica che, tra l’altro, ignora la denuncia/appello inviata all’ONU e all’OMS (Organizzazione Mondiale Sanità) da parte di centinaia di medici a livello internazionale (link nei commenti) in cui si fanno presenti sia il conflitto di interessi dei componenti l’ICNIRP (un istituto privato americano) aventi legami più o meno diretti con le multinazionali TLC sia la presenza di una corposa documentazione scientifica certificata di effetti non termici causati dall’esposizione che ha portato l’OMS per tramite del la IARC (Agenzia Internazionale Ricerca Cancro) a classificare l’esposizione come “Possibile Cancerogena” sin dal maggio 2011 tenendo in conto che ad aprile 2019 è stato deciso, sempre dalla IARC, di rivedere la classificazione verso l’alto in “Probabili Cancerogeni” o “Cancerogeni Certi” tra il 2020 e il 2024 per effetto dei risultati delle nuove ricerche effettuate negli ultimi anni.
In questi casi, la politica non può solo affidarsi a tecnici limitandosi pilatescamente ad attuare l’innovazione tecnologica nei Comuni o nella Nazione.
È necessario che la politica, nel rispetto del rispetto del proprio mandato principale stabilito dalla Costituzione, agisca per tutelare la salute.
Tutela della salute che non si fa semplicemente indicando che l’ente preposto ai controlli (le ARPA/APPA) eseguano le verifiche, richiedendo solo un parere all’ISS (Istituto Superiore Sanità) o limitandosi ad analisi conoscitive.
È necessaria una azione più profonda, ovvero una Valutazione di Impatto Sanitario e Ambientale Nazionale che parta da una analisi epidemiologica per comprendere a pieno gli effetti, gli impatti e i potenziali rischi che tali innovazioni avranno su persone, animali e ambiente.
Non è accettabile utilizzare i cittadini come cavie (come affermato giustamente dalla Ministra Regionale per l’Ambiente di Bruxelles Céline Fremault) per poi verificarne gli impatti sociali, sanitari e ambientali, quando ormai non sarà più possibile tornare indietro.

Pertanto, ritengo che nella Amministrazione e nel Governo, sia locale che nazionale, non ci si debba concentrare sulla innovazione tecnologica in quanto tale, limitandosi a implementare tecnicamente sul territorio quanto proposto dalle aziende, ma si debbano attuare politiche di innovazione che prima di ogni azione valutino tutti gli impatti e rischi presenti perché tali politiche avranno effetti nel medio/lungo termine che, se non presi dovutamente in considerazione in maniera preventiva, risulteranno a danno di tutti quanti noi.
Spero, la speranza è sempre l’ultima a morire, in un cambio di atteggiamento in cui non si pongano al centro tornaconti personali o risultati mediatici immediati, posizionando delle pedine tecnicamente valide ma politicamente lontane dal nostro modo di intendere le politiche per l’innovazione, limitandosi a fare da attuatori delle politiche aziendali private (tantomeno di eventuali possibili interessi politici di qualcuno) ma si diventi registi dell’innovazione indicando una visione politica da realizzarsi a beneficio e tutela dei cittadini, sia torinesi sia italiani, anche considerando gli aspetti sanitari, ambientali e sociali. Aldo Curatella
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