Oltre la MCS: “l’accesso in ospedale per i malati ambientali è difficile anche coi protocolli sanitari!” La mappa in Italia

La notizia data ieri da OASI SANA ha fatto il giro del Web. L’improvvisa e tragica scomparsa di una giovane donna trentina gravemente malata di Elettrosensibilità (EHS) e Sensibilità chimica multipla (MCS) ha riacceso polemiche mai sopite sull’inerzia del sistema sanitario, alimentando il dibattito anche tra le associazioni di categoria in lotta per il riconoscimento della grave disabilità. In queste ore, in molti sono tornati ad interrogarsi sull’ingiustificata assenza del riconoscimento della patologia non ricompresa nei LEA nazionali e nelle regioni che la ignorano nell’elenco malattie rare. E se cordoglio e dolore sono rimbalzati sui social per la giovane vita spezzata (“partecipo al dolore della famiglia, non dovrà più succedereha scritto il medico Anna Zucchero, fondatrice e storica presidente dell’asso Elettrosensibili), dopo l’accusa lanciata dell’associazione Obiettivo Sensibile a cui la donna era iscritta (“c’è rabbia, le istituzioni continuano ad ignorare la malattia”), oggi è la volta del Comitato Oltre la MCS che, per voce dell’attivista Roberta Borghese, punta l’indice sull’inadeguata condizione subita dai malati ambientali persino in quei pochi ospedali in cui è stato formalizzato un protocollo per l’accesso alle cure. Facciamo il punto su quanti sono e in quali ospedali italiani sono vigenti. Una mappatura doverosa, nell’interesse di tutti, dedicata alla nostra amica di Trento sfuggita all’affetto dei suoi cari. Tra l’indifferenza e il negazionismo di Stato. Mai più. (M.M.)

Trento, morta giovane elettrosensibile/MCS. Obiettivo Sensibile: “c’è rabbia, le istituzioni continuano ad ignorare la malattia”

Nella regione Lazio sono stati elaborati da tre protocolli ospedalieri per consentire l’accesso dei malati MCS alle cure sanitarie in piena sicurezza: i protocolli riguardano l’Ospedale San Camillo de Lellis  di Rieti e gli ospedali romani Giovan Battista Grassi di Ostia e il San Filippo Neri – chiarisce Roberta Borghese del ‘Comitato Oltre la MCS‘ –la realtà è però diversa, cioé che l’accesso ai nosocomi non è semplice per i malati ambientali in quanto anche qui, ad esempio, per essere sottoposti ad un intervento chirurgico va compilata prima una richiesta specifica ed avere poi il responso nel vaglio dalla Direzione Sanitaria. Quindi è comunque il paziente che chiede all’ospedale di adottare tutta una serie di precauzioni affinché possa essere trattato in sicurezza. Ci sono poi altre strutture come ad esempio il Sant’Andrea  di Roma, dove la patologia è conosciuta ed anche se non c’è un protocollo definito, il paziente viene gestito al meglio.

Anche all’Istituto Dermopatico dell’Immacolata sempre di Roma, conoscono la patologia dell’MCS – continua Borghese – in quanto proprio qui fino a pochi anni fa era operativo il Laboratorio Bilara guidato dalla Dott.ssa De Luca: qui venivano eseguiti gli esami genetici e la Dott.ssa De Luca, prima di trasferirsi in Russia, ha dato un grande contributo alla MCS, con le fondamentali ricerche. Se si ha un’invalidità, si può comunque beneficiare di un accesso preferenziale per le visite dermatologiche, almeno questo veniva garantito prima dell’emergenza Covid 19 e in ogni caso si può richiedere alla Direzione Sanitaria un percorso diversificato.

Inoltre– conclude Roberta Borghese per il ‘Comitato Oltre la MCS’ – a seguito della chiusura del Centro per la malattie rare e quindi anche dell’MCS -EHS diretto al Policlinico Umberto I di Roma dal compianto Prof. Giuseppe Genovesi, la Regione Lazio per non lasciare i pazienti privi di assistenza, all’indomani dell’abrogazione del 2016 della Legge Regionale sul riconoscimento nell’elenco malattie rare, nel 2017 inviò ai direttori di sette nosocomi capitolini (Campus Biomedico, Policlinico Umberto I, Sant’Andrea, Gemelli, San Camillo Forlanini, San Giovanni e Tor Vergata) una nota in cui si invitava gli stessi ad assicurare la massima accessibilità per i malati MCS individuando un luogo di accesso dedicato. Ed è proprio su questo punto che Comitato Oltre la MCS insieme all’associazione A.M.I.C.A. e al Comitato Fibromialgici Uniti Italia hanno dibattuto in sede di audizione alla Pisana lo scorso 4 giugno 2019, chiedendo che questa nota della Regione Lazio venisse inviata a tutte le strutture ospedaliere regionali, così come ad una nota di sensibilizzazione per i datori di lavoro e per le figure che si occupano di sicurezza sui luoghi di lavoro nel rispetto della Convenzione ONU sui diritti di persone con disabilità e della carta europea dei diritti dei malati. Purtroppo, malgrado ripetute sollecitazioni, non abbiamo avuto più notizie“.

Infine, protocolli per consentire accessibilità, assistenza e cura sanitaria protetta ai malati di sensibilità chimica multipla risultano stipulati anche in Emilia Romagna dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara Arcispedale Sant’Anna, in Puglia con l’Ospedale Vito Fazzi di Lecce e col 118 salentino per l’emergenza (grazie all’intervento dell’Associazione Malati Ambientali) ed in Trentino Alto Adige presso l’Ospedale di Bolzano. “Il mancato riconoscimento di patologie come l’EHS ed MCS con un proprio codice nosologico non può essere motivo per ignorare i provvedimenti che possono essere attuati il commento di Annunziata Patrizia Difonte, medico del lavoro riferimento per molti malati di elettrosensibilità gli ammalati aumentano in maniera esponenziale, Occorrerebbe istituire centri con equipe di medici di varia specializzazione in ambienti protetti. Soprattutto per gli elettrosensibili, sono pochi i medici italiani che riescono a fare un inquadramento diagnostico-terapeutico e rilasciano relazioni che servono ad ottenere tutele sia in ambito lavorativo che previdenziale, evitando che il paziente sia inquadrato come psichiatrico. Il lavoro da fare è tantissimo e le forze limitate. Occorrono sforzi maggiori per la pubblicazione di un protocollo sull’EHS, ma stiamo lavorando su questo. Indispensabile la formazione dei medici: un esempio dall’Ordine dei Medici di Torino che ha proposto un sistema di Educazione Continua in Medicina ai medici di medicina generale sul tema dove, con altri autorevolissimi relatori, abbiamo relazionato e presentato il nostro protocollo diagnostico terapeutico“.

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