Frossasco (Torino), depositato reclamo contro l’antenna a scuola tra i bimbi: “finiremo alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo”

Il 14 settembre a Torino, il giudice Ludovico Sburlati ha respinto il ricorso del Comitato Rodotà e dei genitori e insegnanti raccolti nel Comitato “Uniti in Val Noce” in rappresentanza di alcuni bambini e delle generazioni future contro un palo porta antenne installato nel cuore di una scuola di Frossasco in provincia di Torino. L’installazione dell’imponente antenna di 25 metri (più alta di un condominio di sei piani) nel piazzale del plesso scolastico del piccolo comune in Val Noce aveva generato preoccupazioni enormi tra genitori ed insegnanti. Contro l’antenna, voluta da un potente consorzio composto da soggetti privati come Google, Facebook, Netflix, e pubblici come Regione Piemonte e Città Metropolitana di Torino, si era subito levata la protesta dei cittadini attivi, che non riuscivano ad ottenere alcuna spiegazione delle motivazioni per una localizzazione tanto assurda. Ne è seguito un ricorso d’urgenza (700 cpc) volto ad opporsi ad una manufatto comunque pericoloso su cui potranno essere installate in futuro numerosissime antenne produttrici di inquinamento elettromagnetico dai dubbi effetti lungolatenti.

L’istanza sottolineava che la Costituzione italiana all’art. 32 “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, e che i bambini di età scolare sono certo meritevoli di protezione rafforzata da situazioni potenzialmente dannose. Per altro, il palo potrebbe essere facilmente trasferito in luogo sicuro, senza impatto negativo dal punto di vista delle trasmissioni, con appena 35 mila euro. Una perizia medica presentata alla Corte e una grande quantità di letteratura scientifica hanno dimostrato che organismi in crescita esposti per molte ore all’elettromagnetismo anche tenue possono subire effetti gravissimi. La salute è un bene comune da proteggere e promuovere, in particolare a salvaguardia delle nostre generazioni future.Mentre l’Unione Europea indica nei principi di precauzione e di azione preventiva i momenti fondanti della tutela del benessere dei suoi cittadini, ponendo la loro salute al di sopra degli interessi politici ed economici, come tutti noi abbiamo potuto verificare con l’attuale pandemia, nessuno studio scientifico è stato ad oggi presentato che dimostri che l’apparato di Frossasco, per la sua collocazione incredibile a pochi centimetri dal parco in cui giocano i bimbi, non sia potenzialmente dannoso.

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Nell’opinione del giudice, invece, non è necessario valutare il caso di Frossasco nei suoi particolari, perché bastano gli standard burocratici previsti dalla normativa vigente per rispettare pienamente il principio di precauzione, un irresponsabile approccio adottato più volte in un passato non lontano, quando l’amianto assurdamente rispettava gli standard legali.Durante il dibattimento, inoltre, è emersa la pericolosa mancanza di certificazioni antifolgorazione del palo in questione, situato a pochi metri dai giochi degli alunni. Ciò nonostante, il giudice ha sorprendentemente ritenuto che non ci fosse alcun motivo perché i genitori chiedessero la sospensione dell’ attività, condannando sia loro che il Comitato Rodotà a pagare oltre 17 mila euro alle controparti, usando così l’arma delle spese legali per scoraggiare la cittadinanza ad esercitare un proprio diritto fondamentale, quello che la Costituzione prevede anche per i “non abbienti” all’art. 24 di “agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”.

Proprio in questo spirito costituzionale i legali del Comitato Rodotà avevano agito, rappresentando le famiglie di Frossasco senza chiedere compenso alcuno. Anche prestigiosi esperti come i Professori Massimo Zucchetti (Politecnico di Torino), Sergio Foà (Università di Torino) e i dottori dell’ ISDE Agostino di Ciaula e Ferdinando Laghi stanno lavorando alacremente e gratuitamente al caso.L’ordinanza sul caso Frossasco sfida i diritti costituzionali alla salute e all’azione legale per la difesa dei diritti dei cittadini.

Una ferma risposta è stata già data dalle centinaia di persone che hanno generosamente contribuito in questi giorni al fondo per la tutela legale delle generazioni future istituito presso il Comitato Rodotà (che ha già superato i 13 mila euro) mentre altri fondi necessari per una battaglia che sarà molto lunga e complessa li stanno raccogliendo tanto il Comitato Uniti in Val Noce quanto l’Alleanza Italiana Stop 5G.

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Un reclamo al Collegio contro l’ordinanza è stato presentato ieri 28 settembre anche per resistere alle palesi incostituzionalità introdotte dal Decreto Semplificazioni entrato in vigore in corso di causa e dagli spazi che il diritto italiano lascia aperto per un uso delle spese legali preclusivo della giurisdizione. I prossimi passaggi della causa si annunciano lunghi e costosi e coinvolgeranno pure la Corte Europea dei Diritti dell’ Uomo. Frossasco deve diventare un caso pilota, in cui si tracci un bilanciamento ragionevole fra le esigenze dello sviluppo tecnologico e la salute pubblica senza che il primo, in virtù degli interessi economici poderosi che lo sorreggono, prevalga irresponsabilmente con effetti letali per i bambini e le generazioni future.

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