5G-elettrosmog, clamoroso alla Camera: “non risulta necessario alzare gli attuali limiti di emissione” – INCHIESTA ESCLUSIVA

di Maurizio Martucci

Clamorosa dichiarazione precauzionista nelle pieghe della documentazione parlamentare presentata in queste ore. “Non risulta necessario alzare gli attuali limiti di emissione”. Per l’annosa questione 5G-aumento elettrosmog, si legge proprio così nella conclusione del dossier Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022 presentato il 20 Novembre 2023 alla Camera dei Deputati dove è appena arrivata la discussione in doppio esame del DDL già approvato in Senato.

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L’affermazione contraria all’innalzamento dei limiti è riportata alla fine del file ora a disposizione di tutti i deputati e senatori, si riferisce a quanto già nella relazione prodotta dal Parlamento nella scorsa legislatura, trasmessa lo scorso Settembre 2022: “il risultato dell’incontro è stata la condivisione, da parte delle Amministrazioni presenti, che attualmente non risulta necessario alzare gli attuali limiti di emissione”. L’incontro citato è quello tra Ministeri dell’ambiente, della salute e dello sviluppo economico (oggi MIMIT), la Fondazione Bordoni, ISPRA e l’Istituto Superiore di Sanità avvenuto alla fine del 2019, quando già la trattativa 5G-Telco era al centro dell’agenda dell’esecutivo Conte come poi sarebbe entrata anche in quella di Draghi ma, in entrambi i casi, non se ne fece nulla a differenza dell’accelerazione imposta al governo Meloni per la spericolata linea voluta da Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT). Il dossier – ora nell’esclusiva disponibilità di OASI SANA – è stato prodotto ad uso interno sia per Montecitorio che per Palazzo Madama e riguarda il focus all’art. 10 (Adeguamento dei limiti dei campi elettromagnetici).

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Da qui la domanda: com’è possibile aumentare l’elettrosmog contravvenendo agli accorati appelli di cittadini, medici e scienziati, se anche all’interno dello stesso Parlamento è stato messo nero su bianco che “non risulta necessario alzare gli attuali limiti di emissione”? La risposta è nel mandante e negli esecutori di tutta l’operazione. Adolfo Urso vuole portare a casa il risultato ad ogni costo e si sta spendendo con tutti i suoi uomini e con tutte le sue risorse per finire dove nessuno, tranne la lobby del 5G, vorrebbe però far finire l’aria dell’Italia intera, sempre più elettromagnetizzata da agenti possibili cancerogeni. Salvo Pogliese, primo firmatario dell’emendamento già approvato, è storicamente un uomo di fiducia di Urso. Matteo Gelmetti, primo firmatario di una recente interrogazione parlamentare a favore dell’aumento dei limiti, è un uomo di Urso. Fausta Bergamotto, Sottosegretario al MIMIT ed esecutrice della manovra nelle stanze del dicastero, è ovviamente legata ad Urso. E tutte le rivendicazioni pubbliche sul passaggio dai 6 ai 15 V/m (invero pure 61 V/m camuffati) sono sempre state solo di Adolfo Urso, come scritto già lo scorso anno alla composizione del Governo Meloni, il vero ministro occulto del 5G. Praticamente, tranne Urso e le multinazionali del 5G riunite in ASSTEL (ramo di Confindustria), nessun altro vuole smantellare una delle norme più cautelative a livello mondiale per la protezione della popolazione irradiata dalle radiofrequenze, partendo dalla Lega che aveva fatto muro già in diverse occasioni ma che, invece, stavolta tace. All’indomani anche della vendita di TIM al fondo speculativo americano KKR, operazione da 20 miliardi di euro che potrebbe rientrare in questa partita.

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Eppure l‘esterno del Parlamento è costantemente presidiato da un flash mob di attivisti (con tanto di donna-antenna), dopo gli appelli dei medici di ISDE Italia, IppocrateOrg e la richiesta formulata da parte della comunità scientifica internazionale. Non solo. Anche perché lo stesso dossier da ieri sugli scranni dei deputati chiamati all’esame e al voto in Aula del DDL Concorrenza, afferma come siano evidenziati “i dati relativi alle principali sorgenti di campo elettromagnetico nell’ambiente, costituite dagli impianti a radiofrequenza-RF (impianti radiotelevisivi-RTV e stazioni radio base-SRB) e dagli elettrodotti-ELF (linee elettriche e cabine di trasformazione primarie e secondarie).” In particolare viene sottolineato che “secondo i dati forniti dalle ARPA/APPA, dal 1999 a settembre 2019, il numero totale dei casi di superamento dei limiti di legge rilevati per gli impianti RTV (pari a 672) risulta essere 5 volte superiore a quello relativo agli impianti SRB (pari a 136). Il numero totale dei superamenti generati da sorgenti ELF (pari a 65 casi) risulta sostanzialmente inferiore rispetto a quello delle sorgenti RF (pari a 808). Da luglio 2018 a settembre 2019 i casi di superamento dei limiti di legge sono aumentati sia per gli impianti RTV (+3%) sia per le SRB (+12%) mentre per le sorgenti ELF il numero è rimasto invariato.”

Visti i precedenti, non c’è quindi da stare affatto sereni: cosa potrebbe succedere con la soglia indirizzata ai più alti 15 V/m nella rivelazione truffaldina delle 24 ore? Quanti sforamenti potrebbero avvenire anche nei picchi diurni fino a 61 V/m? Cosa potrebbero registrare le ARPA/APPA? E di quale entità? Ma soprattutto: chi si assume la responsabilità politica di esporre tutti gli italiani ad un vero e proprio trattamento sanitario obbligatorio senza precedenti, ritenuto già ‘non necessario‘ appeno lo scorso anno da Governo e Parlamento italiano? Perché insistere nella trattativa Stato-Telco al solo fine di far risparmiare 4 miliardi di euro alla lobby del 5G per far pagare il saldo finale alla salute degli italiani? Aspettiamo risposte.

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