Asstel in Senato chiede di aumentare da 6 a 61 V/m l’elettrosmog, altrimenti “il 5G non sarebbe possibile e metteremo 28.000 nuove antenne”

Con un intervento pieno di omissioni e mezze verità, condito perfino da clamorose bugie come quelle in ambito energetico e paesaggistico: ASSTEL, il ramo delle aziende di telecomunicazioni di Confindustria, attraverso il presidente Massimo Sarmi è tornata a chiedere al Parlamento di innalzare i limiti soglia d’irradiazione elettromagnetica da 6 V/m fino a 61 V/m. Lo scorso 22 Febbraio 2022 nell’ambito della discussione sul decreto Concorrenza, s’è tenuta un’audizione presso la 10ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo) in cui ASSTEL ha depositato il documento ora in possesso di OASI SANA e qui riportato integralmente nella parte relativa alla richiesta di aumentare l’elettrosmog. Non senza alcune doverose precisazioni preliminari:

  1. Tra gli associati e nel Consiglio di Preisdenza di ASSTEL risulta Ericsson Telecomunicazioni SpA, il colosso svedese del 5G coinvolto in un clamoroso scandalo internazionale di tangenti, truffe e mazzette,  finita addirittura per finanziare i tagliagole dell’ISIS, l’organizzazione islamica di stampo jihadista attiva soprattutto tra Iraq e Siria e da anni nemico giurato dall’Occidente.
  2. Le Telco pretendono di non pagare la bellezza di 4,8 dei 6,55 miliardi di euro contrattualizzati con lo Stato, facendo slittare a dopo il 30 Settembre 2022 quanto ratificato nel 2018 per l’acquisto all’asta dei primi tre lotti di radiofrequenze del 5G.
  3. i 10 W/mq previsti dalla Raccomandazione Europea vanno confrontati con gli 0,1 W/mq del nostro DPCM 8/7/2003. Inoltre, non risulta corretta l’affermazione di Assotelecomunicazioni secondo la quale, per la banda di frequenza a 3.6 GHz, le raccomandazioni internazionali prevedono un limite massimo di 61 V/m contro i 6 V/m italiani. Infatti, il limite vigente sul territorio italiano in quella banda di frequenza è di 40 V/m mentre i 6 V/m rappresentano il valore di attenzione.
  4. 61 V/m vengono propinati come lo standard dei valori vigenti in tutta Europa, ma in realtà sono vigenti solo in Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna, a differenza di Svizzera, Italia, Austria, Belgio, Turchia e i Paesi dell’est europeo – Bulgaria, Croazia, Slovenia – nei quali vigono limiti molto più stringenti e protettivi.
  5. Le cosiddette misure protettive vengono stabilite dall’ICNIRP, ente privato con sede in Germania già al centro di numerosi scandali per conflitti d’interessi con l’industria delle telecomunicazioni, nel 2019 giudicato inattendibile anche dalla Corte d’Appello di Torino nella sentenza emessa in favore di un lavoratore danneggiato dall’uso prolungato di telefono mobile.
  6. La stessa Raccomandazione 1999/519/CE afferma che “gli Stati membri hanno facoltà, ai sensi del Trattato, di fornire un livello di protezione più elevato di quello di cui alla presente Raccomandazione”, specificando quindi che non esiste alcun obbligo di adeguamento agli standard europei. Come non esiste neanche un’incompatibilità tra la normativa italiana e l’implementazione delle nuove tecnologie, per altro nel 2018 acquistati all’asta i primi lotti di frequenze consapevoli della vigente normativa italiana.
  7. Per sfuggire all’irradiazione dei 61 V/m subiti come una tortura sulla propria pelle, in Francia un gruppo di malati di elettro-iper-sensibilità è costretto a vivere da anni rifugiato sulle Alpi.

A seguire il testo integrale del documento agli atti dell’audizione parlamentare del”assotelecomunicazioni ASSTTEL.

5G, APPELLO AI PARLAMENTARI DELLA REPUBBLICA ITALIANA PER SCONGIURARE L’INNALZAMENTO DEI LIMITI SOGLIA D’IRRADIAZIONE ELETTROMAGNETICA

Temi non presenti nel ddl Concorrenza ma utili alla promozione della concorrenza nel settore
Limiti di esposizione della popolazione alle emissioni elettromagnetiche

A marzo 2021, per superare barriere concorrenziali e accelerare i tempi di realizzazione delle reti di telecomunicazioni fisse e mobili, l’AGCM ha evidenziato tra le altre cose la generale necessità di allineamento con gli standard europei. In particolare, veniva segnalata l’utilità di una verifica della validità dei limiti vigenti all’esposizione ai campi elettromagnetici – che risultano essere molto inferiori a quelli raccomandati dall’Unione Europea – e degli standard di misura alla luce delle nuove tecnologie. Nella bozza esaminata del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 tale aspetto, di interesse del settore delle telecomunicazioni, non è trattato.


Asstel ritiene tale argomento di importanza prioritaria. La disponibilità delle risorse frequenziali per gli Operatori di rete radiomobile è stata normata dalla Legge di Bilancio per il 2018 e l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze è stata completata per tutte le bande utili, ponendo l’Italia all’avanguardia nel panorama europeo; al contrario, le condizioni d’uso di tali frequenze costituiscono un fattore di svantaggio competitivo per gli Operatori italiani.
Infatti, i limiti di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici generati da apparati di
comunicazione elettronica sono largamente inferiori in Italia rispetto agli altri grandi Paesi europei.

e limiti troppo restrittivi impediscono di utilizzare i siti di cui gli Operatori dispongono per
posizionare le antenne che consentono l’up-grade tecnologico; per tale via condizionano quindi
fortemente l’industria della telefonia mobile. È dunque di fondamentale importanza, non solo per gli Operatori ma per l’intero sistema economico nazionale oltre che per l’attrattività del nostro Paese per gli investimenti diretti esteri nel settore telco, affrontare una revisione delle norme sull’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici generati da apparecchiature di rete di comunicazione elettronica.

La normativa sui limiti all’emissione elettromagnetica in Italia è definita dalla legge n.36 del 2001 e dal DPCM 8 luglio 2003 recante < Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz>, che definisce valori limite molto inferiori alle raccomandazioni internazionali dell’ICNIRP (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection), adottate dalla raccomandazione dell’unione europea in materia e dai principali paesi membri dell’Unione.
Ad esempio, per la banda di frequenza a 3.6GHz le raccomandazioni internazionali prevedono un limite massimo di 61 V/m contro i 6 V/m italiani.

La differenza tra la disciplina delle emissioni elettromagnetiche raccomandata a livello
internazionale e quella nazionale ha infatti impatti negativi molto rilevanti sotto il profilo economico ed industriale, pur essendo allo stato priva di riscontri scientifici che la avvalorino, dato che le raccomandazioni internazionali già rispettano il principio di precauzione, quantificato con un fattore di abbattimento della densità di potenza dei campi elettromagnetici pari a 50 volte, rispetto alla soglia minima in cui sono riscontrati effetti dell’esposizione di biosistemi a campi elettromagnetici. Il risultato è che i limiti in Italia portano tale fattore addirittura ad un valore 5.000 volte inferiore alla soglia minima di prudenza.
Recentemente anche la Polonia – che conta più di 36 milioni di abitanti – ha adeguato i suoi limiti, abbandonando un approccio restrittivo e scegliendo di allinearsi ai valori ICNIRP. A seguito di questa modifica, l’Italia è rimasta l’unico Stato membro con una popolazione superiore ai 15 milioni di abitanti a non aver adottato i limiti ICNIRP.

Definire limiti immotivatamente bassi priva il Paese di possibilità di sviluppo, con impatti negativi sulla progettazione delle reti e dei servizi, del tipo di quelli illustrati nello studio del Politecnico di Milano per Asstel che ha stimato, in presenza degli attuali limiti, la necessità di 27.900 interventi aggiuntivi, sia in termini di reingegnerizzazione di siti esistenti, sia di siti nuovi, con un esborso incrementale per questo motivo di circa 4.0 miliardi di euro a carico degli Operatori radiomobili.


Al di là dell’aggravio economico, nelle condizioni attuali di saturazione del territorio, soprattutto urbano, non sarebbe possibile coprire rapidamente l’intero territorio nazionale con le nuove reti 5G, quindi tutte le applicazioni che mirano alla gestione del territorio e delle città, oltre che quelle di mobilità, potrebbero non essere portate a livello di commercializzazione di mercato in tempi utili, in quanto non supportate da una adeguata continuità del servizio sul territorio.


Le evidenze scientifico-epidemiologiche raccolte in modo sistematico dalla comunità scientifica
italiana ed internazionale non evidenziano benefici dall’adozione di limiti inferiori a quelli previsti dalla raccomandazione 1999/519/CE. Tenuto conto di tali studi e visto che lo sviluppo tecnologico ha una portata globale, si rende necessario uniformare le condizioni di utilizzo delle frequenze vigenti nell’Unione Europea al fine di promuovere la possibilità di beneficiare dell’innovazione tecnologica rappresentata dalle ultime generazioni di comunicazioni radiomobili nel nostro Paese. Va anche tenuto conto del fatto che il settore delle comunicazioni elettroniche presenta un quadro normativo comunitario di massima armonizzazione, allo scopo della creazione di un mercato unico delle telecomunicazioni; ciò rende indispensabile uniformare alle raccomandazioni comunitarie anche la disciplina che governa l’utilizzo della risorsa frequenziale da parte degli Operatori nazionali, in modo da evitare difformità rispetto alle condizioni operative vigenti negli altri Stati Membri.

Fare riferimento alle raccomandazioni UE consentirebbe di superare il gap oggi esistente a carico degli operatori nazionali e di soddisfare, in modo armonizzato a livello comunitario, il rispetto del principio di precauzione previsto dalla legge nazionale: infatti, la raccomandazione del luglio 1999 era già ispirata da questo principio, che sarà certamente seguito anche in eventuali modifiche che l’Unione Europea potrà apportare per tenere conto di eventuali ulteriori necessità di aggiornamento. Si ricordi che, sebbene la raccomandazione sia del 1999, la sua validità è stata sottoposta a verifica periodica nel corso del tempo e sempre confermata. Il rinvio alle raccomandazioni comunitarie consentirebbe di tutelare la salute pubblica ed al tempo stesso di assicurare le migliori condizioni di sviluppo del Paese, oltre che di tenere costantemente aggiornata la disciplina nazionale con eventuali ulteriori valutazioni che dovessero essere condivise a livello europeo ed internazionale in seguito ad ulteriori evidenze scientifiche ed epidemiologiche.

L’obiettivo di un simile adeguamento non sarebbe solo quello di ridurre costi e complessità per le aziende; l’obiettivo è garantire al Paese la migliore disciplina sul tema, allo stato delle conoscenze attuali (che ormai riflettono più di venti anni di osservazioni), al fine di catturare i possibili benefici dello sviluppo tecnologico, di mercato e di servizi per il sistema-Paese, che potrebbe ottenere benefici in almeno sette ambiti distinti, a titolo esemplificativo sintetizzabili in benefici:

  1. Sanitari: oltre al fatto che i limiti CEM indicati dalle Linee Guida ICNIRP sono già 50 volte
    inferiori rispetto ai valori di soglia minimi per i quali sono stati osservati degli effetti, le antenne
    potrebbero funzionare con potenze di trasmissione più omogenee permettendo ai terminali di
    agganciarsi nella maggioranza dei casi alle antenne più vicine emettendo a loro volta potenze
    inferiori;
  2. Paesaggistici: minore impatto perché sarà necessario un minor numero di antenne a parità
    di territorio;
  3. Ambientali: minore consumo di energia elettrica, minore consumo di suolo, minore
    circolazione di veicoli per manutenzione impianti;
  4. Amministrativi: minori richieste all’amministrazione pubblica con un minore impatto sugli
    uffici (e maggiore rapidità negli interventi);
  5. Economici: minore fabbisogno di investimenti privati, che contribuirebbe a consolidare la
    presenza di investitori esteri e aumenterebbe margini utili a finanziare investimenti in altre aree
    (ricerca, sostenibilità);
  6. Competitivi: migliori servizi per imprese che competono con concorrenti internazionali in
    Germania, Francia, Spagna, Corea del Sud;
  7. Istituzionali: è una riforma a costo zero, di quelle che le istituzioni europee sempre
    sollecitano in abbinamento alle politiche di bilancio.

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