di Maurizio Martucci
Antonia Serge (nome di fantasia) ha 49 anni e abita a Thiene (Vicenza), il primo comune dell’Alto Vicentino ad avere installato ben quattro antenne 5G, al contrario di Vicenza dove il Sindaco – dalle Telco ricevute richieste per installare 24 nuovi tralicci telefonici – ha applicato il principio di precauzione in difesa della salute pubblica vietando con un’ordinanza urgente l’Internet delle cose: dal 2019 Antonia scopre di essere gravemente malata di elettrosensibilità, la malattia ambientale immuno-neuro-tossica dell’Era Elettromagnetica da poco inserita nella classificazione internazionale delle malattie ICD10 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in Italia dal 2012 riconosciuta tra le malattie rare dalla Regione Basilicata e per cui il Premier Conte è stato di recente interrogato in Parlamento nell’ottica di un tutela nazionale per chi ne soffre: come molti altri elettrosensibili, Antonia vive una condizione al limite della sopportabilità per colpa dell’ubiquitaria presenza del wireless, che la costringe a a schermarsi in casa persino nel suo letto. “Nella mia abitazione sono presenti grandi quantità di campi elettromagnetici – afferma la giovane veneta – rilevati da ARPA e misurati con la mia strumentazione. Derivano dalle stazioni radio base per telefonia mobile 4G e 5G oltre al Wi-Fi dei vicini“. I sintomi principali sono acufene, aritmie, dolori sulla pelle, disturbi del sonno, spossatezza, nausea e diarrea, effetti avvertiti quando viene irradiata da campi elettromagnetici anche di bassa intensità.
L’allucinante storia di Antonia cambia il 17 Aprile, dopo furibonde litigate in famiglia e la richiesta al vicino di spegnere l’insopportabile Wi-Fi. Richiesta caduta nel vuoto: “Sono venuti i vigili in casa – racconta – mi volevano già portare all’ospedale per un accertamento sanitario obbligatorio motivato dal fatto che ritengo di essere elettrosensibile. Ho rifiutato, ma insistono. Aiuto. Non ho fatto niente di male, che diritto hanno di portarmi via?” Il 22 Aprile afferma che i vigili sono tornati per la quarta volta nella sua abitazione, forti di un ordine di accertamento sanitario obbligatorio. “Ho chiesto loro quali sarebbero le motivazioni, perchè i medici ritengono che io necessiti di cure, ma non mi hanno risposto, hanno detto che non sanno, che loro non sono medici. Ho rifiutato di seguirli fino in ospedale, anche per via della quarantena da Covid 19. Anche stavolta non stavo facendo niente di male. Ma non mi hanno lasciata in pace“.

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Il giorno dopo, il colpo di scena: Antonia afferma di essere prelevata e trasportata nel Reparto di Psichiatria dell’Ospedale Alto Vicentino di Santorso (Vicenza),Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura: “mi hanno sottoposta a TSO. Sono ancora in ospedale, devo assumere farmaci (esperidone) contro la mia volontà“. Contattato telefonicamente l’ospedale per una verifica, per la privacy di degenti e ricoverati non ci hanno confermato né smentito il racconto. Ma è certo che TSO è una sigla che sta per Trattamento Sanitario Obbligatorio per cui si eseguono procedure sanitarie normate e con specifiche tutele, in genere di legge, che possono essere applicate in caso di motivata necessità e urgenza clinica, conseguenti al rifiuto al trattamento del soggetto che soffra di una grave patologia psichiatrica non altrimenti gestibile, a tutela della sua salute e sicurezza e/o della salute pubblica. In pratica, più che elettrosenibile, Antonia viene trattata per matta, per soggetto socialmente pericoloso.


“Ritengono che non possono essere i campi elettromagnetici a farmi male. Sono convinti che sia la mia immaginazione, un fatto interiore simile alla paranoia che si cura con psicofarmaci. Mi hanno dato esperidone e quando ho rifiutato con le sole parole non ho commesso azioni violente, ma mi hanno tenuta legata la letto per 18 ore. Adesso dicono che mi daranno esperidone per sempre e che non mi dimetteranno solo fra otto giorni. Io sto malissimo. Sono spossata tanti che mi sento svenire.”


“La mia opinione è che i medici di base, almeno nella mia regione, abbiano ricevuto istruzioni perentorie, per cui devono considerare possibile malattia mentale, suscettibile di accertamento/trattamento obbligatorio, qualsiasi affermazione che ipotizzi la patologia dell’elettrosensibilità. Ho questa impressione perchè anche il mio precedente medico di base, che ho appena cambiato proprio a causa di questa impostazione preconcetta, aveva reagito nello stesso modo: solo alla mia ipotesi che potessi essere elettrosensibile, mi aveva risposto prescrivendomi una visita psichiatrica e rifiutando di prescrivermi altri accertamenti coerenti con i miei sintomi, per esempio presso un cardiologo o presso un neurologo, eccetera, nonostante io avessi già un referto del pronto soccorso che mostrava che soffrivo di aritmie e non avevo problemi di tiroide.” Manco fosse una prigioniera di Stato, Antonia chiede di essere liberata, dimessa dall’ospedale, per non continuare a subire la somministrazione di farmaci da lei ritenuti pericolosi.
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La vicenda è gravissima. Come farmaco però l’esperidone non mi risulta. Potrebbe trattarsi del risperidone? Bisogna comjnque avvertire tutta la stampa.
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Buongiorno, sono Elisa, la persona citata nell’articolo. L’articolo contiene varie imprecisioni.. non sto ad elencarle tutte, ricordo solo il fatto che il farmaco che ho assunto in ospedale non si chiama esperidone. Chiedo scusa, non sono esperta di farmaci. Per giunta quando scrissi le carte fotografate e qui sopra riportate ero sotto l’effetto degli psicofarmaci e quindi molto frastornata (mi sentivo come se mi trovassi in mezzo al mare in tempesta sopra una botte di legno che ruotava vorticosamente). In seguito ho scoperto che il vero nome della sostanza che mi avevano somministrato era Xeplion-Risperidone. Ho anche scoperto che mentre le analisi del sangue riportavano che io non avessi in teoria patologie alla Tiroide, tale affermazione poteva essere erronea dal momento che in passato (venti anni prima) avevo avuto problemi alla tiroide, che però non erano emersi perchè in ospedale avevano controllato solo il TSH, e non tanti altri valori che devono essere valutati per verificare che non sia in atto una patologia autoimmune. La stessa superficialità aveva avuto il mio medico di base, che si era limitato a controllare il TSH senza approfondire lo stato di salute del mio sistema endocrino, e che mi aveva invitata a rivolergmi ad un medico privato se avessi voluto avere una vera diagnosi. Peraltro lo Xeplion, che siccome ho sempre rifiutato mi è stato iniettato con un depot, e dunque mi è rimasto in corpo per più di un anno (è questo l’effetto minimo di un depot, mi hanno spiegato gli stessi psichiatri) mi ha danneggiata a lungo termine, con sintomi e peggioramento della qualità di vita davvero pesante. A tutt’ora non saprei dire se io sia elettrosensibile oppure no. Sicuramente soffro di stanchezza cronica, insonnia, acufeni. Di certo il TSO non mi ha fatto alcun bene, anzi ha peggiorato la mia condizione, in tutti i sensi.
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