Si intitola “Il prato è in tavola, Piante selvatiche commestibili d’Italia” (Terra Nuova), il libro dell’eclettica Dafne Chanaz sugli usi medicinali e gastronomici di 80 piante selvatiche commestibili. Un volume a colori, con 40 ricette illustrate, ma soprattutto il frutto di un lavoro sotterraneo lungo e certosino condotto con sapienza per alcuni anni dall’autrice. “Ho letto tutto il leggibile e dopo aver fatto ordine nella mia testa, ho sintetizzato in un linguaggio semplice e diretto“. Con Dafne abbiamo voluto scambiare quattro chiacchere controcorrente, permettendoci di andare anche oltre quanto ha voluto racchiudere nel suo ricco volume: ci siamo voluti soffermare anche sul futuro dell’alimentazione e del cibo, minacciato non solo dagli OGM, dal cibo spazzatura e dalla cultura modernista dei ‘fast food’, ma persino dalla digitalizzazione del 5G, se è vero che a Stoccolma la pizza viene già portata a domicilio con un robot dell’Internet delle cose ed in alcuni allevamenti l’intelligenza artificiale sta rimodulando il concetto di fattoria e industria alimentare. Contro questo tipo di approccio tecnologico, la riscoperta dell’essenziale negli antichi insegnamenti e nei doni della natura, oltre al gusto e al nutrimento può contribuire a ristabilire una vera connessione con Madre Terra, oltre ogni digitalizzazione artificiale. Sentiamo cosa ci ha detto l’esperta Chanaz.
DAFNE CHANAZ, PERCHE’ UN LIBRO SUL PRATO IN TAVOLA?
E’ giunto il momento non solo di tornare a consumare cio’ che la natura offre spontaneamente e ovunque, non fosse altro che per ricordarci quanto e’ preziosa e generosa. Ma anche di cucinare ognuna di queste piante singolarmente: superiamo la misticanza, degna eredita’ del passato, e assaporiamo ogni pianta nella sua unicita’. Sapore uguale nutraceutica. Ogni sfumatura di sapore rappresenta un micronutriente che previene le malattie e alimenta la salute! Purtroppo in questo campo i libri erano carenti perlopiu’ di immagini valide, di ricette tradizionali specifiche per ogni pianta, (che non fossero aglio e olio, frittata, minestra, risotto), oppure di un linguaggio accessibile. Erano libri per appassionati e intenditori, io ho voluto scrivere un libro per tutti, che prendesse per mano queste umili piantine che calpestiamo ogni giorno, e le portasse alla ribalta in tutto il loro splendore. Rendendogli pieno onore.
Ho dovuto fare un lavoro trasversale che raccogliesse tutto quello che sappiamo di queste piante da varie fonti, dalle piccole guide di campo ai grandi erboristi del passato, passando per frate indovino e l’enorme mole di dati ‘etnobotanici’ sugli usi popolari. Ho letto tutto il leggibile e dopo aver fatto ordine nella mia testa, ho sintetizzato in un linguaggio semplice e diretto. Se c’erano cose che mi sembravano complesse le ho approfondite, e una volta che ho capito davvero lo spirito e la complessita’ di ogni pianta, allora l’ho raccontata con semplicita’, ma senza perdere informazioni preziose.
SFOGLIANDO LE PAGINE, SE NE TROVA L’IDEA DI UN PARADOSSO: IL RECUPERO DEL DONO DI MADRE NATURA CONTRO L’IDEA DELLO SMART FOOD. NELLA SOCIETA’ DIGITALE COL 5G IL PIATTO LO PREPARA UNA MACCHINA, MENTRE TU INSEGNI AD ANDARE NEI CAMPI, RACCOGLIERE E CUCINARE SECONDO TRADIZIONE. UNO SCONTRO TRA DUE DIVERSI CONCETTI DI CUCINA?
Beh io credo che una delle maggiori insidie del mondo che stiamo vivendo e’ la minaccia di trasferire la vita dal piano reale al piano virtuale. Se non hai internet, ‘sei fuori dal mondo’. Ma quale mondo? I nostri nonni riuscivano a fare l’orto molto meglio di noi giovani alternativi, a curare le bestie, seminare il grano, ecc.. E non erano stressati. Semmai erano stanchi. Noi ci lasciamo assorbire da questa nuvola di realta’ aumentata e non ci accorgiamo quanto tempo ed energia sottrae a pratiche di autosussistenza, di ecologia, di comunita’… La partita si gioca sul nostro tempo e spazio mentale.

Quando viviamo nel virtuale, dipendiamo dal virtuale, dai like, dall’approvazione dei ‘social’, talvolta e sempre piu’ frequentemente anche per lavoro – chi ha un ristorante con trip advisor, chi ha un hotel con booking ecc. Questo ci porta a volerci conformare a tutti i costi. Conformarsi o morire. Invece nella Grecia presocratica ai tempi di Esiodo, il cittadino della polis che aveva diritto di voto era considerato tale solo se coltivava un pezzo di terra. Il ragionamento era il seguente: se tu dipendi dalla societa’ persino per avere un tetto e mangiare, allora sarai influenzabile e il tuo voto non sara’ libero. Se sei autosufficiente almeno per l’essenziale (salvo poi scambiare al mercato il surplus), allora sei un cittadino degno di questo nome che esprime un voto libero da condizionamenti. Il rapporto DIRETTO con madre natura ci libera in parte anche dai condizionamenti sociali. Se la societa’ critica alcune nostre scelte che per noi sono animiche, profonde, non rimaniamo soli. Abbiamo il lupo, il bosco, il gufo, gli alberi che possono risuonare con noi quando gli umani non lo fanno. San Francesco ne sa qualcosa. Fu un eminente stratega e politico a differenza di come lo dipinge la chiesa, ingenuo e inebetito. Ando’ piu’ volte in oriente a negoziare la pace per fermare le crociate. Era molto istruito ed aveva ben chiara la sua visione.
L’ULTIMA DOMANDA E’ IN REALTA’ UNA RISPOSTA, PERCHE’ IL LETTORE DOVREBBE LEGGERTI?
Semplicemente per avere il piacere e la sorpresa di conoscere delle piantine che vede ogni giorno nel cortile di casa, e che hanno tantissimo da raccontare/regalare, sia per le loro qualita’ curative di mille malanni, sempre sotto mano, che per i loro sapori…. Per la gioia di scoprire che siamo ricchi di risorse. Che tutto quel che ci serve e’ gia’ qui…