
Sale sempre di più. Il numero delle interrogazioni parlamentari sui pericoli del 5G arriva a quota 10. Le ultime provengono dalla Camera Alta, entrambe da Palazzo Madama, dove dal Senato della Repubblica partono due nuovi atti di sindacato ispettivo rivolti ai dicasteri di Governo. La prima interrogazione è proviene dal Se. Saverio De Bonis (sua pure un’latra interrogazione e un ordine del giorno approvato). Il senatore lucano chiede al Ministro Costa di indagare su lancio del 5G e taglio indiscriminato di alberi, anomalia in atto in molti comuni d’Italia. La senatrice De Petris invece interroga MISE, Salute e Ambiente per capire come gestire i pericoli del 5G, perorando per l’individuazione di una commissione interministeriale. A seguire, i passaggi salienti degli interventi in attesa di risposta.

Atto n. 4-01991
Pubblicato il 18 luglio 2019, nella seduta n. 135
DE BONIS – Ai Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico. –
Premesso che:
da un articolo di “Oasi Sana” del 15 aprile 2019, Maurizio Martucci denuncia un’ecatombe di alberi che intralciano il wireless del 5G;
pare che si stia realizzando un abbattimento (fuori stagione) di alberi in numerose nazioni. “Inghilterra, Scozia, Irlanda, Francia, Olanda, America e pure Italia. Decine di migliaia di alberi (anche secolari e rigogliosi) tagliati con disinvoltura alla luce del sole, sotto gli occhi di tutti, tra gli interrogativi dell’opinione pubblica e le proteste di chi, sgomento per l’anomala coincidenza, s’interroga sui risvolti meno evidenti spingendosi alla ricerca di verità occulte”;
nonostante gli agronomi redigano relazioni tecniche che certificano malattia e morte naturale di arbusti, fogliame e rami, ciò che sembra strano è che decine di migliaia di alberi siano stati abbattuti tutti insieme, proprio adesso, anche in città distanti decine di migliaia di chilometri l’una dall’altra, in Europa, come in America;
sia nella città di Prato che a Roma sono scesi in strada gli attivisti dei comitati locali “Stop 5G” e il comitato Stop 5G di Cerveteri ha diffuso una nota in cui vengono chiesti al sindaco chiarimenti sulla contestata demolizione. Pare che a Roma la Giunta Raggi abbia annunciato l’abbattimento di 60.000 unità;
puntando su studi e consulenze d’esperti, l’inchiesta di “Oasi Sana” prova a fare chiarezza sulla questione. Interviste e documenti alla mano, si scopre che tra alberi e 5G vi è un nesso; “l’acqua, di cui in genere sono ricchi gli alberi e le piante, assorbe molto efficacemente le onde elettromagnetiche nella banda millimetrica”, sostiene Andrea Grieco, docente di fisica a Milano ed esperto dei problemi legati all’inquinamento elettromagnetico, “per questo motivo costituiscono un ostacolo alla propagazione del segnale 5G. In particolare le foglie, con la loro superficie complessiva elevata, attenuano fortemente i segnali nella banda Uhf ed Ehf, quella della telefonia mobile. Gli effetti biologici sono ancora poco studiati, però alcune ricerche rilevano danni agli alberi e alle piante sottoposte a irraggiamento da parte delle Stazioni Radio Base”;
secondo quanto sostiene Grieco, scrive Martucci, quindi il sillogismo è presto fatto: alberi uguale clorofilla uguale acqua. E le inesplorate microonde millimetriche dalle mini-antenne 5G (senza studio preliminare sugli effetti per l’uomo, nonostante le radiofrequenze siano possibili cancerogeni secondo l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) trovano nell’acqua e negli alberi un ostacolo nel trasporto dati, non avendo il segnale del wireless di quinta generazione lo stesso campo elettrico né la stessa penetrazione a lungo raggio dei precedenti standard 2G, 3G e 4G. In pratica, l’albero funge da barriera. Le foglie dell’albero assorbono lo spettro di banda del 5G, impedendone l’ottimale ricezione del segnale emesso dalle mini-antenne;
un documento di 46 pagine dell’autorevole Ordance Survey (ente pubblico del Regno Unito incaricato di redigere la cartografia statale) sulle pianificazioni geo-spaziali del 5G, stilato come manuale d’uso per pianificatori e autorità locali dal Dipartimento per la digitalizzazione, cultura, media e sport, afferma che nelle strade urbane si deve prima di tutto «valutare se l’area ha un flusso di traffico significativo e in particolare autobus e camion», per poi considerare come il segnale del 5G possa essere impattato, cioè ostacolato, «identificando tutti gli oggetti significativi in genere», con altezza «oltre i 4 metri», quali (ad esempio) «pareti alte, statue e monumenti più piccoli, cartelloni pubblicitari» e «alberi di grandi dimensioni e siepi alte», poiché arbusti, foglie e rami «devono essere considerati come bloccanti del segnale» del 5G al pari di materia solida (pietra e cemento);
un altro documento (già pubblicato su “Oasi Sana”) conferma il nesso alberi e 5G. È dell’Istituto per i sistemi di comunicazione dell’Università britannica di Surrey a Guildford (est Inghilterra) e dice come i «nuovi modi con cui le autorità di pianificazione locali possono lavorare con gli operatori di reti mobili per offrire enormi opportunità future per le comunità locali (…) è ridurre le altezze dei montanti mobili in modo che siano schermati visivamente da edifici e/o alberi, visto che gli alberi rappresentano l’ostruzione più alta e più probabile. Tuttavia, ciò scherma anche i segnali a radiofrequenza e ha sconfitto l’obiettivo di una copertura affidabile» del 5G. «Le curve tracciate nel diagramma – continua il testo redatto dai cattedratici – mostrano come all’aumentare dell’altezza dell’albero, sopra la linea di irradiazione della stazione radio base, aumenta anche quella che è noto come la ‘zona di Fresnel’ o perdita di ombre»;
anche dall’Inghilterra vengono smascherati i conflitti tra alberi e 5G, ovvero cono d’ombra e segnale wireless sui lampioni della luce: «Per evitare questa perdita di ombreggiamento ed essere al di fuori della zona di Fresnel, è necessario che l’altezza dell’albero sia almeno 3 metri inferiore rispetto all’altezza della stazione di base»;
in definitiva sia gli studiosi del 5G dell’Ordance Survey, che quelli di Surrey a Guildford, convergono sullo stesso punto dicendo apertamente la stessa cosa: gli alberi con altezza ricompresa tra i 4 e i 3 metri sono un intralcio, un vero e proprio ingombro per la diffusione del segnale elettromagnetico del 5G che, irradiato dai lampioni della luce, non verrebbe recepito a terra dai nuovi smartphone. Come anticipato dal fisico Andrea Grieco, che foglie e piante assorbano l’elettrosmog è risaputo, lo certifica anche uno studio dell’americana Katie Haggerty che, sul giornale internazionale per le ricerche forestali, ha pubblicato gli esiti sull’influenza nociva delle radiofrequenze sulle piante. «Numerosi episodi sono stati registrati in Nord America», deduce la ricercatrice, condotti esperimenti su piante schermate e non, irradiate da campi elettromagnetici;
l’interrogante è firmatario dell’atto di sindacato ispettivo 4-01344, pubblicato il 27 febbraio 2019, nella seduta n. 95, nonché dell’ordine del giorno G/1354/7/6 e 10, accolto dal Governo, con l’impegno di assumere con urgenza tutte le misure possibili per definire gli standard di esposizione massima totale sicuri per la salute dei cittadini,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto stia accadendo in Italia, così come negli altri Paesi del mondo, in merito all’abbattimento di alberi in quanto di intralcio al grande business del 5G;
quali urgenti iniziative di competenza intendano assumere per bloccare non solo le nuove tecnologie, che con le emissioni di elettrosmog danneggiano la salute pubblica, ma anche il taglio degli alberi e delle piante vitali per l’ecosistema.

Atto n. 4-01970
Pubblicato il 17 luglio 2019, nella seduta n. 134
DE PETRIS – Ai Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, della salute e dello sviluppo economico. –
Premesso che:
si sta verificando un’accelerazione tecnologica in ragione dell’avvento del 5G e ciò avverrà mettendo a repentaglio il rispetto del limite di esposizione della popolazione di 6 volt per metro, posto dal regolamento recante “i tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana” (decreto ministeriale n. 381 del 1998, previsto dalla legge n. 249 del 1997) e confermato come limite ambientale dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 199 del 2003) “in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore”;
l’individuazione del valore di 6 volt per metro è stata una sfida scientifica e tecnologica che ha governato la costruzione della rete di telefonia cellulare in Italia, GSM, DCS e UMTS, una delle migliori reti mondiali. La rete fu costruita proteggendo la popolazione italiana, con livelli di esposizione massima di un centesimo, per l’UMTS e poi per il 4G, di quelli degli altri Paesi in America e in Europa in cui vige un limite di esposizione pari a 61 volt al metro. Un caso di effettivo sviluppo sostenibile, in equilibrio ottimale tra diritto alla salute (articolo 32 della Costituzione) e diritto all’intrapresa (art. 41 della Costituzione). In Europa, comunque, ben nove Paesi hanno adottato, sull’esempio dell’Italia, i 6 volt per metro;
considerato che:
nel 2011, la IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha classificato il telefono cellulare come possibile fattore cancerogeno per l’uomo per i tumori della testa. Esistono, inoltre, ormai numerosissimi studi sull’esito tumorale dell’esposizione prolungata ai campi elettromagnetici. A fine 2018 il National toxicology program (USA) ha diffuso il rapporto del suo studio con una “chiara evidenza che i ratti maschi esposti ad alti livelli di radiazioni da radiofrequenza, come 2G e 3G, sviluppano rari tumori delle cellule nervose del cuore” e aggiunge che esistono “evidenze di tumori al cervello e alle ghiandole surrenali”. Studi confermati dall’istituto Ramazzini di Bologna;
il Governo ha delegato il CEI (Comitato elettrotecnico italiano), stante l’inesorabile introduzione del 5G in Italia, a fornire linee guida con nuovi criteri statistici di calcolo per l’esposizione a campi elettromagnetici,
si chiede di sapere:
quali misure i Ministri in indirizzo intendano adottare, che la legge n. 36 del 2001 individua come responsabili della protezione elettromagnetica della popolazione per la mitigazione dell’impatto sulla popolazione e sull’ambiente del 5G, anche in applicazione del principio di precauzione o di prevenzione;
se, in applicazione del principio di buona amministrazione, non ritengano necessario riconvocare il gruppo di lavoro interministeriale costituito con decreto ministeriale 2 giugno 1997, per la protezione dai campi elettromagnetici, che ha elaborato i testi del regolamento di cui al decreto ministeriale n. 381 del 1998, e del disegno di legge poi approvato, con modificazioni, nella legge n. 36 del 2001;
se non ritengano opportuno affidare a tale gruppo di lavoro la redazione delle linee guida per la protezione della popolazione dal 5G, dopo averne revocato il mandato al CEI;
se, in osservanza dell’art. 6, comma 1, lett. l), della legge di riforma sanitaria (di cui alla legge n. 833 del 1978), non ritengano doveroso consultare l’Istituto superiore di sanità e l’ex Ispesl;
se non ritengano infine necessario stabilire una conferenza dei servizi con la partecipazione, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 241 del 1990, delle più rappresentative associazioni di consumatori, ambientaliste e associazioni di portatori di sensibilità chimica multipla o di elettrosensibilità, per l’approvazione delle linee guida per la protezione dalle onde del 5G, qualunque sia l’organismo tecnico chiamato ad elaborarle.
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