
di Maurizio Martucci
Primo giorno di scuola superiore. Un’insegnate di inglese entra in classe. In mano un autoprodotto motivational box, scatola con scritte anglosassoni come deposito di Smartphone e gingilli ultra tecnologici: “Spegni il cellulare, accendi il cervello. Disconnetti e riconnetti con le persone, evita le distrazioni”. La professoressa tecnoribelle non si limita alla studio di lingue e letterature straniere, ma con curiosità s’insinua nei meandri della psicologia, tra neuroscienze e sviluppo della personalità in età evolutiva, riuscendo a smascherare gli invisibili pericoli con cui telefoni cellulari, LIM, Wi-Fi e Tablet stanno silenziosamente minando un’intera generazione, tra l’indifferenza di adulti distratti e l’incapacità gestionale di genitori narcotizzati (pure loro!) nella trance globalizzante del suono magico del pifferaio d’Era elettromagnetica: “Si stanno saltando passaggi importanti della crescita, bypassando finestre evolutive, ci saranno ripercussioni sullo sviluppo della personalità. E’ in atto un ritiro sociale dei giovani!”

“Bambini digitali. L’alterazione del pensiero creativo e il declino dell’empatia” (Edizioni Il leone verde) è il riuscitissimo libro di Mena Senatore, campana di Cava dè Tirreni trapiantata a Roma che, al suo bagaglio esperienziale maturato nell’insegnamento ai giovani, è riuscita ad unire l’apprensione saggia di madre con la voglia d’investigare su effetti collaterali, distorsioni metodologiche e disturbi cognitivi che l’adultizzazione dei bambini sta causando sulla cosiddetta generazione dei nativi digitali, entusiasticamente incensata come la più perfetta nella storia dell’umanità, ignorando la fagocitazione di gradualità, lentezza, competenze cognitive e vita reale perpetrata da un subdolo sistema consumistico che ha trasformato la realtà virtuale in un mondo nient’affatto a misura di bambino. Anzi. Perché dare uno Smartphone in mano ad un minore è come lasciarlo solo, metterlo fuori casa per una notte. Tra insidie e incognite che possono sfociare in seri disturbi della personalità. Dove stanno traghettando i nostri figli?
Senatore, partiamo dal sottotitolo del libro, ‘alterazione del pensiero creativo e declino dell’empatia’: che significa?
“E’ la sintesi di due concetti che un uso pervasivo e precoce di nuove tecnologie può avere sui minori. Il mezzo digitale offre stimoli accattivanti che soffocano immaginazione e creatività del bambino, mentre nel gioco tradizionalmente inteso, quello del ‘far finta di’, per esempio, il bambino impara ad applicare e rispettare regole fondamentali: inventa, crea copioni, immagina situazioni, attribuisce ed interpreta ruoli. Con lo Smartphone, il bambino si trova immerso in un mare di luci, colori, suoni e giochi pre-determinati. In età evolutiva, quando il bambino non è ancora in grado di distinguere tra reale e fittizio, ciò può togliere molto alla crescita emotiva, condivisione ed empatia”.
Altro passaggio significativo è certamente la sua denuncia sull’uso precoce delle nuove tecnologie nella perdita di due categorie tipiche dell’età pediatrico-adolescenziale, ovvero gradualità e lentezza. Quali colpe per quei genitori ignari della funzione pedagogica se rischiano di invalidare le tappe di crescita dei propri figli?
“Viviamo nell’era del digitale, dell’informazione veloce, della sfrenata competizione e chi rallenta, rimane fuori dai giochi. I bambini sono scivolati in queste dinamiche, e siamo stati noi adulti a permettere che accadesse incastrandoli in mille impegni e sottoponendoli alle nostre ansiose corse. Lo Smartphone soddisfa questa esigenza di velocità, annulla i tempi d’attesa o di noia: si accede in un secondo a tutto, si passa subito da un contenuto all’altro, si comunica in tempo reale e ci si aspettano risposte istantanee. Il modello educativo genitoriale sembra privilegiare forme di soddisfazione immediata di ogni desiderio o capriccio in modo da evitare traumi o frustrazioni. Ciò significa saltare passaggi importanti, bypassare finestre evolutive, stadi con ripercussioni sullo sviluppo della personalità che possono compromettere un’armoniosa crescita emotiva e sociale.”

Effetti collaterali di Smartphone e Tablet, ormai sono molti i pediatri a lanciare l’allarme. E ci sono pure strutture ospedaliere che trattano la dipendenza al pari di una grave malattia …
“Sì, l’allarme c’è, ma ancora non abbastanza forte da farsi sentire. I mezzi digitali sono stati progettati proprio per catturare il cervello. Essi creano dipendenza perché attivano il sistema dopaminergico: con le notifiche, i mi piace, le risposte ai messaggi, attiviamo il cosiddetto nucleo delle dipendenze, cioè nel nostro cervello si attivano dei neuroni che rilasciano dopamina, un neurotrasmettitore che produce una risposta di piacere. Questo meccanismo porta a ripetere il comportamento, in modo via via più compulsivo, per ottenere la risposta di gratificazione. Si tratta dello stesso processo che avviene nel caso delle dipendenze da sostanze. Alla dipendenza sono correlati comportamenti disfunzionali, tipo insonnia, malattie cardiovascolari, stress, ansia, aumento di glucosio nel sangue con conseguente diabete, depressione e persino suicidio. Nel Dipartimento di Dipendenze da Internet al Gemelli di Roma o il Minotauro a Milano, vengono trattati i casi hikikomori, altra condizione molto preoccupante che sta assumendo dimensioni sempre più significative, anche in Italia. Si tratta di un ritiro sociale cui tanti adolescenti e giovani si condannano rinchiudendosi nella loro stanza, annullando i contatti con gli altri e lasciando internet come universo unico.”
Compulsività, paranoia e dipendenza digitale, quale futuro per la generazione digitale?
“L’uso pervasivo dello Smartphone, soprattutto in età evolutiva, non può non avere conseguenze per il futuro. Il distacco dalla realtà potrebbe creare l’humus per una futura generazione disturbata psicologicamente e disadattata, incapace di ascoltare l’altro e, cosa ancora più grave, se stessa”.
Wi-Fi nelle scuole, uso del cellulare in classe e ora persino la proposta di sostituire i libri cartacei col Tablet. Quale messaggio si sente di mandare agli organi politico-decisionali?
“Ai politici direi di leggere qualche libro di psicologia dell’età evolutiva, di neuroscienze e documentarsi sui risultati della ricerca scientifica, per avere un’idea di come funzioni il cervello nelle diverse fasi evolutive e di come esso venga modificato dall’ambiente e dall’esperienza. Il Wi-Fi nelle scuole è un vero e proprio attacco lento ed invisibile all’infanzia…. Eppure…..

Cosa?
“… eppure non si fa nulla, anzi, si fa a gara per aumentare il Wi-Fi dappertutto. Gli esperti ci dicono che l’emissione di onde a bassa frequenza, come quelle emesse dai cellulari, è correlata ad insorgenza di tumori rari, disorganizzazione del pensiero, modifiche del DNA, disturbi d’attenzione, infertilità e tanto altro, e noi lasciamo che i nostri bambini siano in aule con Lim, Pc, Tablet, registro elettronico, tutti i giorni, per anni. La cosa triste è che pensiamo che tutto ciò sia un prestigio per la scuola, sia un punto in più”.
E dei Tablet al posto dei libri?
“Sostituire la lettura cartacea col digitale, così come sostituire la scrittura manuale con quella digitale…. significa bloccare processi evolutivi importanti. Impugnare una penna, trascrivere dalla lavagna, organizzare lo spazio implica enormi processi cerebrali. Riducendo tutte le operazioni ad un trascinamento o ad un click significa non lasciare più traccia nel cervello, con conseguenze disastrose e irreversibili sulla memoria, sulla capacità di rielaborare, collegare, dunque sull’apprendimento”.
… l’ultima non è una domanda ma una considerazione. E’ risaputo come i dei big della Silicon Valley, cioè proprio quelli che in America hanno creato questi strumenti tecnologici, mandino i propri figli in scuole altolocate dove non c’è internet né wireless e dove si usano solo penne, gomma da cancellare e libri. E alcuni di loro hanno persino dichiarato di vietare l’uso del cellulare ai propri figli ……
“… già, e questo la dice molto lunga. Qualche anno fa il New York Times descriveva una scuola steineriana nella Silicon Valley che si vantava di non possedere computer. A frequentarla erano i figli degli impiegati di Google, Apple, Yahoo. Troppo spesso dietro riforme o innovazioni tecnologiche proposte nella scuola, non ci sono psicologi, pedagogisti, neuroscienziati, bensì esperti di informatica. Se riusciamo a comprendere questo, se riusciamo a capire che l’obiettivo è guadagnare e non promuovere il benessere e la crescita sana dei nostri figli, forse diventiamo più critici e impariamo a valutare di conseguenza, rifiutando anche quello che ci viene imposto come salvifico e miracoloso”.
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