Parlamentari a tutto 5G: contiguità, collaborazioni e conflitti d’interesse tra politica e lobby dell’Internet delle cose

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di Maurizio Martucci

Tra senatori e deputati sono circa70 gli aderenti al cosiddetto Intergruppo Innovazione, una sorta di trasversale commissione parlamentare di diversi orientamenti politici, riuniti sotto l’unica bandiera del 5G. Di questa settantina, quasi la metà sono eletti nel MoVimento 5 Stelle, parlamentari in aperto sostegno al progetto di intelligenza artificiale perorato con tenacia dal ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio. Tra questi, poi, molti siedono proprio in Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni dove, tra Novembre e Dicembre, sono state calendarizzate le audizioni di quattro diverse compagnie telefoniche (chiusa ad Ottobre l’asta da 6,5 miliardi di euro delle radiofrequenze 5G, le telco ora rivendicano una legge che innalzi l’irradiazione elettromagnetica!) Sottodimensionata è invece la rappresentanza dei Noi con Salvini-Lega Nord, a differenza dei rappresentanti di Partito Democratico e Forza Italia, presenti in eredità alle precedenti legislature.

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Ad Ottobre una delegazione di senatori e deputati ‘innovativi’ ha visitato i quartieri generali delle multinazionali, prima a Torino e poi a Milano: nel laboratorio piemontese di TIM i parlamentari “sono stati interessati al progetto per lo sviluppo del 5G e prima ancora del bando sulle sperimentazioni 5G”, mentre nell’hub milanese di Fastweb la rappresentanza di Montecitorio ha avuto “accesso al cuore tecnologico della società da cui vengono erogati i servizi dalla comunicazione unificata, all’housing, all’hosting, fino al Cloud Computing”.

Tra i membri dell’Intergruppo Innovazione, particolarmente attiva e attenta alle esigenze delle compagnie telefoniche pare la pentastellata Mirella Liuzzi, materana classe 1985, ex impiegata entrata in Parlamento a soli 27 anni (oggi è nell’Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati). Al centro di una polemica M5S-PD per la rimodulazione di 95 milioni di euro in favore del progetto Wi-Fi Italia, insieme a Dio Maio la Liuzzi ha partecipato a Settembre al summit di Huawei (il discusso colosso cinese messo al bando da Trump e mezzo Occidente con l’accusa di cyberspionaggio) alludendo pubblicamente ad una non meglio precisata collaborazione intavolata con l’azienda di Pechino, legata a doppio filo (così sostengono gli americani) nientemeno che al Partito Comunista Cinese: “Sono particolarmente felice di essere presente a questo 5G Summitle parole della giovane deputata lucanafaccio i complimenti e ringrazio Huawei Italia per l’invito e per l’organizzazione di una giornata che sarà di certo spunto di proficuo confronto e collaborazione”. 

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Intervenuta poi anche al summit “5G: L’Italia sarà leader?” organizzato dal gruppo Digital360, sempre la Luzzi ha poi affermato che “il governo Conte sta lavorando in continuità col governo precedente”, anticipando come il MoVimento 5 Stelle stia pianificando una riforma di legge sull’elettrosmog per alzare i livelli d’irradiazione elettromagnetica, spingendo (molto probabilmente) la media del campo elettrico irradiato dalle antenne di telefonia mobile dall’attuale media cautelativa di 6 V/m ai più alti (e quindi più rischiosi per ecosistema e salute umana) valori di 61 V/m (ovvero 110 volte più di oggi!), stralciata qualsiasi preliminare valutazione sanitaria (senza chiarine il motivo, il ministro della Salute Giulia Grillo s’è tirata fuori dalla partita 5G): “Sull’elettrosmog abbiamo avviato un’indagine conoscitiva con le telco (cioè la lobby di telecomunicazioni – NdA), c’è consenso diffuso tra i parlamentari sull’opportunità di rivedere i limiti attuali”.

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La sponda della deputata Liuzzi si chiama Paolo Nicolò Romano (nato ad Asti nel 1984), ex tecnico di sala prove dopo il diploma da tecnico industriale, ora parlamentare del MoVimento 5 Stelle ma pure neo-cronista d’eccellenza per Agenda Digitale, testata on-line su cui è tornato a scrivere dopo un paio di sporadiche incursioni nel 2014 in cui, dall’opposizione, aveva idealizzato un ribaltone tecnologico dello Stato, auspicando “l’istituzione di un sottosegretariato alle politiche digitali nell’ambito della Presidenza del Consiglio”.

STOP

Agenda Digitale è una delle 40 testate sul Web del gruppo Digital360 S.p.A. (loro l’organizzazione del summit sul 5G a cui ha recentemente partecipato la Liuzzi), una società privata quotata dal 2017 sul Mercato AIM di Borsa Italiana (i maggiori azionisti sono Rangone al 23%, Corso 12% e Perego al 12%, tutti docenti e rappresentanti nell’ateneo del Politecnico di Milano), riferimento di ICT&Strategy (nel portfolio clienti annovera anche Wind, TIM, Fastweb, Vodafone e Huawei): ebbene proprio su questa testata l’ultimo articolo dell’On. Romano è un resoconto delle audizioni in Commissione Trasporti di TIM, Vodafone, Wind Tre e Fastweb, in cui sostiene come “quando parliamo di onde elettromagnetiche non ci si deve far prendere dal panico, ma bisogna partire da un presupposto: per una analisi attenta ed affidabile dobbiamo sempre ed in ogni circostanza fare riferimento alle associazioni indipendenti ed internazionali, che basano i loro esperimenti su prove costanti e ripetute”, chiosando “che non vi sono rischi per la salute dell’uomo” (quindi la classificazione del 2011 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità delle radiofrequenze come possibili agenti cancerogeni sarebbe un’incidente di percorso così come le sentenze cautelative della magistratura italiana che attestano il nesso telefonino=cancro – anche oltre ogni ragionevole dubbio – sarebbero dettagli trascurabili al pari dei malati invisibili di elettrosensibilità) e che “i limiti minimi e assolutamente non dannosi per l’uomo variano da 40 V/m a 60 V/m”.

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Chiarito (una volta per tutte) che la riforma al rialzo sull’inquinamento elettromagnetico rientra nel programma elettorale 2018 del MoVimento 5 Stelle (alla voce Telecomunicazioni, è infatti scritto: “Nell’ottica di garantire il pieno sviluppo dell’infrastruttura 5G, proponiamo che in tema di elettromagnetismo l’Italia uniformi i propri limiti a quelli previsti dalla normativa europea”), il riferimento del deputato Paolo Nicolò Romano “alle associazioni indipendenti ed internazionali, che basano i loro esperimenti su prove costanti e ripetute” non è altro un richiamo alla Commissione Internazionale sulla Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP), ovvero ad un organismo privato al centro di numerose polemiche e attacchi da parte di scienziati, medici e ricercatori di mezzo mondo che lo accusano proprio di conflitti d’interesse, contiguità con la lobby delle telecomunicazioni e scarsa trasparenza nell’operato da cui derivano, tra l’altro, derivano proprio le linee guida sulla protezione della popolazione mondiale, sempre più esposta e irradiata da radiofrequenze.

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Dariusz Leszczynski, polacco dell’Università di Helsinky (Finlandia) tra i massimi esperti a livello internazionale sul tema degli effetti biologici delle radiazioni elettromagnetiche, accusa infatti l’ICNIRP di essere un “club privato in cui i membri eleggono i nuovi membri, senza necessità di giustificare la selezione”, ci sarebbe poi “mancanza di trasparenza delle loro attività e completa mancanza di supervisione delle loro attività in una valutazione della scienza distorta a causa della somiglianza dei pareri di tutti i membri della Commissione Principale e di tutti gli altri scienziati: ciò che è strano e inquietante – scrive sul suo blog Leszczynski – è che gli Stati Europei seguono docilmente qualunque consiglio ricevuto da ICNIRP, fidandosi ciecamente di un gruppo di esperti auto-nominati senza valutare criticamente che tipo di ONG è, quali sono i suoi interessi e conflitti di interesse”.

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Ma non è tutto. Nel 2017 il medico svedese Lennart Hardell, il ricercatore più eminente al mondo sui rischi di tumore del cervello connessi all’uso a lungo termine dei telefoni cellulari, pubblicò sulla rivista scientifica International Journal of Oncology una dura critica all’ICNIRP, avallata da alcuni politici del Consiglio d’Europa, sostenendo che non ci sono prove che l’ICNIRP sia un’associazione di scienziati indipendenti e che proprio l’ICNIRP sia l’interlocutore privilegiato per minimizzare le prove degli effetti biologici, cioè dei danni alla salute umana esposta alle radiofrequenze che, secondo, se portati i valori soglia a 61 V/m (come lasciano intendere Liuzzi, Romano ma pure Di Maio e quindi il Governo Conte) sarebbero addirittura circa 300.000 volte più permissive di quanto non sia necessario.È emerso che cinque dei sei membri del Core Group responsabili della bozza – ha scritto Hardell, riferendosi al testo di revisione dei limiti soglia per elettrosmog – sono affiliati alla Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP), un’ONG leale dell’industria e quindi hanno un serio conflitto di interessi”.
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