Coalizione europea contro la Cyber-Tortura: “no al furto illegale di dati cerebrali, no alle armi elettromagnetiche!”

Si chiama Cyber-Tortura, ovvero la tortura cibernetica, una definizione coniata il 28 febbraio 2020 dallo svizzero Nils Melzer, docente di diritto internazionale all’Università di Glasgow, relatore speciale per le Nazioni Unite (ONU) nel rapporto mondiale su Tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, disumani o degradanti“. Il rapporto include infatti la parola “Cybertorture” alludendo al crimine contro l’umanità in cui milioni di vittime, quasi sempre ignare, sarebbero aggredite a distanza con armi elettromagnetiche tramite devices, computer o altre metodologie tecnologiche. La chiamano anche cyber-abuso, cyber-molestie, cyber-danno, cyber-maltrattamento, cyber-bullismo, cyber-violenza e cyber-crimine: da qui è nata la Coalizione e la Task force internazionale contro la Cyber-Tortura per la denuncia della “sperimentazione non consensuale di sistemi psicologici e informatici remoti come tecnologie e tecniche di influenza cognitiva sulla mente e sul corpo umani“. La colazione, istituita per sensibilizzare gli ordinamenti giuridici e la comunità medica e scientifica sul reato di ricerca illegale biomedica e di armi sui cittadini dell’Unione Europea , si batte per il divieto di “qualsiasi tecnologia e tecnica in grado di mettere in pericolo la salute fisica e/o psichica umana, di modificare l’autonomia delle persone e di intaccarne la dignità“. Il punto nodale è quindi il 5G e il 6G, cioé il passaggio dall’Internet delle cose all’Internet dei corpi, dove si prospetta persino il furto di dati cerebrali: vogliamo “creare consapevolezza e altro sulla tecnologia cibernetica e sugli abusi elettronici, come la raccolta illegale di dati e la manipolazione di esseri umani tramite interfacce cervello-macchina nei Sistemi Psicologici Cyber, furto illegale di dati cerebrali“.

Ripreso lo studio presentato all’ONU nel 2020, sul sito della Coalizione e la Task force internazionale contro la Cyber-Tortura si legge: “più in generale, al fine di garantire l’adeguata attuazione del divieto di tortura e dei relativi obblighi legali nelle circostanze presenti e future, la sua interpretazione dovrebbe evolversi in linea con le nuove sfide e capacità che emergono in relazione alle tecnologie emergenti non solo nel ciberspazio, ma anche in ambiti quali l’intelligenza artificiale, la robotica, le nanotecnologie e le neurotecnologie, o le scienze farmaceutiche e biomediche, compreso il cosiddetto “potenziamento umano”, ovvero l’avanzata del transumanesimo. Intervistato dal The Guardian, Melzer ha poi dichiarato: gli Stati “non solo hanno la capacità di condurre operazioni informatiche infliggendo gravi sofferenze a innumerevoli individui, ma potrebbero anche decidere di farlo per qualsiasi scopo di tortura. La cibertecnologia può anche essere utilizzata per infliggere, o contribuire a, gravi sofferenze mentali evitando il condotto del corpo fisico, in particolare attraverso intimidazioni, molestie, sorveglianza, vergogna pubblica e diffamazione, nonché appropriazione, cancellazione o manipolazione di informazioni“.

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