Speranza come Ponzio Pilato, il suo Ministero se ne lava le mani: “sperimentazione 5G non prevede la prova d’assenza di danno sanitario”

Prosegue sulla piattaforma di crowdfunding Eppela la campagna di raccolta fondi promossa da Alleanza Italiana Stop 5G per intraprendere una serie di azioni legali strategiche a pubblica tutela. Insieme al riconoscimento dell’elettrosensibilità e contro l’innalzamento dei limiti soglia d’irradiazione elettromagnetica, uno degli obiettivi è l’arresto dell’avanzata selvaggia di antenne 5G. Per questo, insieme ai medici ambientali di ISDE Italia e al Comitato per la Difesa dei Beni Pubblici e Comuni Stefano Rodotà, Alleanza Italiana Stop 5G ha inviato ai Ministeri competenti e ad alcuni Comuni pilota una formale richiesta di accesso agli atti per valutare, insieme alla task force di avvocati, le eventuali iniziative giudiziarie e le azioni legali da poter intraprendere in difesa dei cittadini e dell’ambiente. Tra le risposte finora ricevute, colpisce particolarmente quella del Ministero della Salute guidato da Roberto Speranza. Ecco quanto dichiarato, e ora in possesso anche di OASI SANA, sviando la questione sanitaria, tenendo invero solo quella amministrativa e tecnica sui limiti soglia. 

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Oltre a dirsi non competente, infatti il Ministero della Salute sul 5G afferma: “Tale sperimentazione, peraltro, dalla prospettiva degli organi preposti all’emanazione dei provvedimenti autorizzativi all’installazione ed esercizio degli impianti (ai sensi delle succitate normative principalmente il Ministero dello Sviluppo Economico – MISE ed il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – MATTM oggi Ministero della Transizione Ecologica, a livello centrale, Regioni e ARPA a livello locale), non presupponeva alcuna dimostrazione di non dannosità per la salute umana o parere sanitario specifico, ma più semplicemente l’evidenza del rispetto dei vigenti limiti di esposizione, valori di attenzione e obiettivi di qualità di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003, “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz”4, attuativo dell’art. 4, comma 2, lettera a) della legge 36/2001 e riferito all’intero spettro delle radiofrequenze 100 kHz – 300 GHz, assolutamente inclusivo quindi delle frequenze utilizzate nel 5G (al massimo attorno ai 30 GHz, frequenze già comunemente adottate in varie applicazioni di telecomunicazioni). (…..)

Non ci sono, allo stato attuale delle conoscenze, motivi di ritenere che, stante il vigente quadro regolatorio sull’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, basato sul principio di precauzione e di per sé molto rigoroso e cautelativo anche rispetto a quanto raccomandato dall’UE, il 5G possa avere un impatto significativo, caratterizzandosi peraltro da livelli di esposizione più bassi rispetto ai precedenti standard.”

Tra le imbarazzanti anomalie ora alo vaglio dei legali, almeno due risultano evidenti e macroscopiche:

  1. La Legge di Riforma Sanitaria n. 833 del 1978, al Capo II sulle “Competenze dello Stato” in materia di “commercio e impiego di forme di energia capaci di alterare l’equilibrio biologico ed ecologico” (Articolo 6, Comma i), dà al Governo la competenza per chiedere un parere sanitario a due agenzie di salute pubblica: l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), ente abrogato le cui funzioni sono oggi state assunte dall’INAIL, e l’Istituto Superiore di Sanità. Ebbene, questo parere sanitario è stato omesso già dal 2018, nel momento in cui è stata indetta l’asta per la vendita alle compagnie telefoniche dei tre lotti di bande di radiofrequenze.
  2. Considerato che a più riprese le stesse compagnie telefoniche stanno chiedendo a Governo e Parlamento di spostare il limite soglia d’irradiazione elettromagnetica dalla media cautelativa dei 6 V/m, nella furbesca rilevazione delle 24 ore, al picco massimo di 61 V/m, è evidente come la foglia di fico sia una semplice copertura amministrativa/legislativa e non certo una prova scientifica provata sull’innocuità e non nocività di un valore che dall’oggi al domani verrebbe innalzato di ben 100 volte. Su quali sensate e seri fondamenti si può infatti reggere uno standard giudicato fino oggi tollerabile ma domani non più, ribaltato pure senza riscontro sugli effetti?

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