di Luciano Chiappa
Si intitola Esseritari Glocapolis; il secondo di una mia trilogia iniziata nel 2016. Il libro, una pubblicazione in brossura di 240 pagine, si presenta come lavoro di cerniera e strumento culturale e politico di autodeterminazione democratica generante.
È un lavoro di cerniera poiché all’indomani della prima pubblicazione, e nel mezzo del suo svolgimento pubblico in forma di cicli di conferenze, un particolare fatto del teatrino politico elettorale italiano, del tutto estraneo al nostro fondamento e ai nostri scopi, ha determinato un certo qual elemento di confusione sopra il neologismo libeguali, da me allora coniato; tale da costringermi subito a elevare direttamente a nome il concetto di cui la parola libeguali era e rimane espressione, cioè il concetto che immediatamente, come non lo ha mai espresso, meglio lo esprime, vale a dire: esseritari.

Fissato dunque col presente lavoro, da me coniato anche quale espressione di una nuova cultura politica di cui mi sento portatore, entra per la prima volta nella storia dei processi del pensiero il termine esseritari. Di fronte ai processi in atto e a prescindere dai favori che potrà incontrare, l’esseritarismo si pone come una risposta fondativa che sarà destinata a segnare oggettivamente il linguaggio dell’economia, della filosofia, del diritto e della politica poiché nel suo nomen albergano un paradigma sociale mai sperimentato prima e una conseguente inedita cultura politica, la cultura politica esseritaria, che la politica non ha voluto
sinora conoscere.
È uno strumento di autodeterminazione sociale poiché è ormai evidente che niente di ciò che è indispensabile per affermare uno stadio più avanzato nella configurazione del sistema democratico può oggi venire dall’alto di un ormai epigonale e decadente potere politico costituito; tutto non può che passare dal basso di un reale processo democratico costituente, generante e non violento, per l’incamminarsi dell’essere sociale degli umani lungo la via del compiuto umano e della compiuta pòlis.
Quanto al carattere di cerniera ho pensato che fosse opportuno riportare nel libro un prologo, e in appendice il saggio introduttivo alla citata mia prima pubblicazione, in modo che ciascuno possa rendersi consapevole delle origini concettuali e pratiche di quello che io definisco come il cammino della libegualità
verso il paradigma sociale esseritario.
Quanto al carattere di strumento di autodeterminazione generante è bene che sia invece qui sottolineato un punto che è essenziale per comprendere la sostanza di un voler essere non più società che si fa parte, ma parte che si fa società; di un voler affrancarsi dalla mera dialettica negativa, per una dialettica positiva d’inediti processi sociali. E il punto sta in ciò, che da molto tempo si avverte la necessità di una progettualità che sia capace di tracciare la via (d’uscita), ovvero di riannodare i fili spezzati del processo dell’emancipazione sociale, ma ci si rende sempre più conto che questa necessità non potrà mai trovare risposta in alcuno dei modelli di società storicamente conosciuti né in vane ricerche circa presunte
autenticità perdute.
La crisi che stiamo attraversando è infatti una crisi che non riguarda solamente questo o quel partito, esperienza o costume politico; questo o quel modo di regolazione o di comando; questa o quella cultura politica; questa o quella scienza filosofica; questo o quel modo di produzione e riproduzione economico sociale; o anche questo o quel subparadigma scientifico; ma ben più in profondità le strutture fondative millenarie dei due giganteschi paradigmi sociali finora ampiamente sperimentati: il paradigma sociale comunitario e il paradigma sociale capitalitario (da non confondersi mai con comunismo e capitalismo). Ne discende che la strada, per quanti non abbiano dismesso la lotta democratica, è obbligata: o l’oblio, cioè l’accettazione entro questo nuovo tecnototalitarismo blu capitalistico liberale della inesorabile distruzione delle libertà e anche dell’essere umano in quanto tale, o un poderoso processo verso un cambio epocale di paradigma sociale.
Nella mia concezione, per la sua natura e totale alterità, tale cambio non si configura come un processo verso un terzo paradigma della vecchia serie, né come quarte teorie politiche verso modelli di società tanto ibridi quanto improbabili; bensì come un processo capace di sviluppare il rapporto sociale fondamentale del primo paradigma di una serie mai sperimentata prima: la serie che può essere aperta dal paradigma sociale esseritario quale formazione in grado di porre al suo centro l’irriducibilità dell’essere umano, sociale e individuo, in risposta al disegno ormai evidente della decostruzione e successiva fabbricazione di un qualche cosa che non potrà più plausibilmente definirsi, in quanto non lo sarà, umano.
