di Maurizio Martucci
Non sono stati solo i big della letteratura distopico-fantascientifica (Orwell, Huxley, Dick, Asimov) ad aver anticipato e svelato i programmi sui massimi sistemi. E non sono stati nemmeno solo i Simpson ad aver incredibilmente azzeccato la previsione degli accadimenti più disparati, compreso il più recente attentato a Donald Trump (puntata stranamente rimossa). Perché dal lontano Sud est asiatico, dalle isole Filippine già nel 2012 il regista Kompin Kemgumnird (nel curriculum anche incarichi apicali negli Walt Disney Studios) ha anticipato l’Agenda 2030 nell’arbitraria lotta ingaggiata contro i cambiamenti climatici, finita in una cartone animato senza precedenti che ruota intorno all’apocalittica fine del mondo nella titanica lotta tra la trasformazione del clima terrestre e la rivincita dell’azione perenne naturale. ‘Eco Planet – Un pianeta da salvare’, il titolo del cartoon d’animazione uscito tre anni prima che nel 2015 a Parigi ben 195 nazioni (Italia compresa) sottoscrissero il trattato internazionale della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), l’anno dopo ratificato nella sede dell’ONU di New York e noti come Agenda 2030.
Il clima manipolato dall’uomo, l’ombra dei poteri forti desiderosi di stravolgere la natura per finalità post-umane, la geoingegneria nella mutazione degli habitat e poi la risposta dei popoli nativi con la salvezza universale nella cesura del grande capitalismo transumanista per la riscoperta delle connessioni biologiche, tra visione olistica e unione di cuori pulsanti. Solo così madre Terra e umanità potranno salvarsi dalle fagocitanti mire del gotha post-globalista, tra robot e cinismo scientista protesi all’uso della bomba fredda contro il surriscaldamento del pianeta.

“Una favola ecologista che contrasta in modo manicheo la saggezza delle civiltà arcaiche con la scelleratezza del mondo contemporaneo occidentale“, su MyMovie si legge nella recensione di vulgata che, però, fugge la straordinaria lungimiranza del contenuto nel cartone animato. La bomba fredda pare l’azione degli aeroplani spacciata per cloud seeding, l’inseminazione delle nuvole che in realtà anticipa il progetto di USA e Bill Gates di oscurare il Sole per raffreddare la Terra. Il grande consesso gestito dal presidente di Capital City è inequivocabilmente la sede dell’ONU, manovrata nell’ombra da poteri forti. Il villaggio rurale dove abitano Nora e il fratellino Kim rappresentano la purezza, la saggezza, la salvezza universale nel tesoro custodito dai popoli nativi, i Kayan Lahwi o Padaung con le donne dai collari di anelli metallici per civiltà incontaminate dalla società occidentale, vestali nel dialogo con animali e piante, depositarie della sapienza millenaria capace di resistere all’aggressione transumana di chi vede la natura come un nemico da abbattere. Il surriscaldamento globale è la causa della formazione delle Bestie di Fuoco, la pellicola gira tutta qui: i progetti contro l’essenza della vita sono il nemico da eliminare. Il cartone animato termina però a lieto fine: sarà la spiritualità, il soffio perenne e la vibrazione olistica nella connessione di micro-macro cosmo a salvarci. Non certo le operazioni clandestine sui cambiamenti climatici.
Kompin Kemgumnird ha voluto mandare un messaggio forte e chiaro alle giovani generazioni: sarà un cartone animato a salvarci? Di certo non lo scientismo degli onnipotenti che, imperdonabilmente, stanno alterando gli equilibri senza tempo. Così come per 1984, anche in Eco Planet quello che colpisce non è però solo il messaggio, Ma il contenuto particolareggiato: si allunga la trafila di registi e scrittori che ci fanno capire dove soffia il vento. E loro lo sanno.

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