di Maurizio Martucci
La premessa è d’obbligo e nemmeno scontata: se non l’avessi ascoltato con le mie orecchie, se non avessi visto il video, non ci avrei mai creduto. Sergio Mattarella, il Presidente della Repubblica, la più alta carica italiana, per il brindisi natalizio ha pronunciato parole da Tecnoribelle, puntando il dito contro i pericoli dell’Intelligenza artificiale, incubatrice di singolarità nel superamento dell’intelligenza umana tra formula generativa e prossimamente senziente, ma pure di disoccupazione tecnologica e controllo sociale nella gestione algoritmica della società civile: “La recente iniziativa sulla Intelligenza Artificiale avviata dalle istituzioni europee va nella giusta direzione, ponendosi il decisivo problema della tutela della privacy e della libertà dei cittadini. Immaginiamo solo per un momento, applicando lo scenario descritto nel libro ‘1984’ di George Orwell, cosa avrebbe potuto significare una distorsione nell’uso di queste tecnologie al servizio di una dittatura del novecento. Sono in gioco i presupposti della sovranità dei cittadini“. Così il Capo dello Stato dal Quirinale, per gli auguri di Natale alle massime cariche istituzionali e rappresentanze parlamentari. Non lo nascondo, alcuni passaggi sembrano parole copiate dai miei appelli sostenuti da inchieste e notizie distopiche sul ‘futuro che prima non c’era’, utilizzata persino la metafora orwelliana per delegittimare l’essenza della transizione digitale, manco fosse la sintesi di una tecnoribellione radicale. Ma perché Mattarella s’è spinto fin qui?
Poco credibile la chiave di lettura temporale, cioé che Mattarella solo alle soglie del 2024 si sia accorto che l’Intelligenza artificiale è un serio pericolo per l’umanità intera, oltre che per la compressione di diritti e libertà dei cittadini. Sterile pure l’interpretazione tecnoscettica, che vuole il Colle consapevolmente critico nei confronti della manovra sostenuta dal Governo tra l’azione post-Colao di Alessio Butti e gli incontri fraterni di Giorgia Meloni con Elon Musk (anche perché poi i poteri che sorreggono il tycoon della Silicon Valley sono gli stessi che foraggiano la politica che lo stesso Mattarella da anni approva nella promulgazione di leggi tecnocratiche irricevibili). Più credibile invece l’assist fornito all’Italia meloniana prossima ad ospitare il G7 a Trento nel 2024. Unica tra gli apicali di governo ad essere finita nel Regno Unito per il recente Summit sull’AI, la Meloni infatti punta a capitalizzare la transizione digitale mettendosi al centro della regolamentazione internazionale sull’Intelligenza artificiale, un pò come da qualche anno stanno tentando in Vaticano con le aperture ai transumanisti per mano di Bergoglio.
Si, perché se davvero si volesse mettere un freno all’avanzata della digitalizzazione dell’esistenza, uno stop al post-umano nell’ibrido Uomo-Macchina, alla colonizzazione dei territori da parte della distopia orwellina (che non era 1984 ma 2030, proprio come l’Agenda ONU), allora Mattarella prenderebbe posizione pure sulla tecnogabbia Smart City, contro l’assassinio dell’istruzione nella Scuola 4.0, contro la prossima limitazione alle libertà di spostamento nella Smart Road, contro lo tsunami elettromagnetico per favorire la lobby del 5G. Insomma, se il Capo della Stato riuscisse a mettere insieme tutti i pezzi del mosaico, denunciando nella complessità la follia antidemocratica, non inclusiva della transizione digitale, allora si che sarebbe credibile, vero garante della Costituzione nella misura in cui ci garantisce di restare umani, senza finire nella mani del Leviatano trans-umano della Quarta Rivoluzione Industriale. Perché se Mattarella su tutto questo tace e acconsente il resto, allora vuol dire che gatta ci cova. Inutile nascondersi dietro un dito o l’alibi generazionale. Perché lo capisce bene (e pure molto bene) anche il cittadino, come dimostra il Comitato Vivo di Città di Castello (Perugia) promotore di una petizione popolare che – a norma di Statuto municipale – chiede al Comune umbro di intervenire drasticamente sulle nuove tecnologie, finita l’epoca della neutralità, dell’utilizzo corretto e dei tentennamenti di comodo, a rischio ognuno di noi, “privi di contenuto e non (più) veritiere le ripetute affermazioni invocate dalle Istituzione Comunitarie, Nazionali e Locali” sul modello di sviluppo digitale. Per facilitare il lavoro al Presidente Mattarella, allego la versione integrale della petizione “Fuori dall’alveare digitale“. La trova qui sotto. Magari può tornare utile per capire che c’è molto di più, oltre la deriva dell’Intelligenza artificiale. Buon Natale! (da tecnoribelli)!

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della cerimonia per lo scambio degli auguri di fine anno con i Rappresentanti delle Istituzioni, delle Forze Politiche e della Società Civile
Roma, Palazzo del Quirinale, 20/12/2023
Si tratta di fenomeni globali che entrano prepotentemente nella vita delle nostre comunità e in quella quotidiana di ciascuno
Se questo è lo scenario in cui siamo immersi, su quali presupposti possiamo guardare insieme al domani senza cedere all’angoscia ma anzi recuperando un sentimento di fiducia nel futuro?
Penso che sia utile riflettere sul filo che lega eventi diversi. Sarebbe un errore tenerli del tutto distinti o considerarli soltanto come la coincidenza di sfortunate contingenze: vanno invece, valutati nel loro insieme ed esaminati con altri fattori, a partire dal prepotente avvento delle nuove tecnologie, tra cui spicca l’enorme potenziale dell’intelligenza artificiale. Tutto questo ci pone di fronte a ciò che appare come un tornante della storia.
Un cambiamento che mette in discussione gli equilibri precedenti, i modelli di sviluppo: quelli sociali, quelli culturali e persino quelli antropologici.
La crisi geopolitica rischia di travolgere il precedente equilibrio mondiale, l’ordine mondiale disegnato decenni addietro senza che se ne veda all’orizzonte uno nuovo. E questa condizione di fragilità si registra in un’epoca in cui irrompono fenomeni che imprimono al cambiamento una velocità inedita, che rappresenta essa stessa un fattore con il quale misurarsi.
Il combinato di tecno-scienze e dei mutamenti nella architettura economico-finanziaria può produrre disorientamenti e sconvolgimenti ben superiori a quelli che si manifestarono all’inizio dell’Ottocento con la prima rivoluzione industriale. Questa rivoluzione – di questi nostri tempi – è enormemente più profonda, più veloce, globale.
Il cambiamento in atto presenta potenzialità e rischi. Ha effetti concreti sulla vita delle persone. Tocca diversi ambiti e pone interrogativi nuovi che hanno profili giuridici, economici, sociali: rappresentano la sfida più alta sulla quale la politica è chiamata a esercitare la sua responsabilità.
Qualche esempio.
Le grandi opportunità che il progresso scientifico ci pone a disposizione, con sempre nuovi positivi strumenti, come – appunto – l’intelligenza artificiale e, prima di questa, le piattaforme informatiche che utilizziamo ogni giorno.
Pensiamo alle importanti applicazioni della stessa intelligenza artificiale e delle nuove preziose capacità di calcolo in campo sanitario, nella diagnostica, nella cura di malattie che sembravano incurabili. O alle grandi potenzialità delle nuove tecnologie nel campo energetico, in agricoltura, nella transizione verso modelli di sviluppo ecosostenibili, nella lotta alla fame.
Dell’intelligenza artificiale bisogna, peraltro, anche valutare con attenzione gli effetti sul mercato del lavoro. Recenti studi prevedono che la diffusione dei sistemi di intelligenza artificiale generativa possa determinare l’automazione, almeno parziale, di ampia parte degli attuali posti di lavoro. L’automazione comporterà sicuramente anche la creazione di nuovi posti di lavoro ma in quale numero e di quale livello è assolutamente imprevedibile.
Questo non può indurre a rifiutare di accogliere le nuove condizioni tecnologiche e le opportunità che esse offrono ma porrà, con sempre maggior forza, l’esigenza di riqualificare e ricollocare i lavoratori dei settori in contrazione.
Sotto altro profilo va considerato che la gestione delle tecnologie più avanzate è, nei fatti, patrimonio esclusivo di poche grandi multinazionali che, oltre a detenere una quantità imponente di dati personali – talvolta artatamente carpiti – possono condizionare i mercati, incluso quello che, abitualmente, loro stesse definiscono il mercato della politica.
È inevitabile, verosimilmente, che gli operatori dominanti in questo settore abbiano grandi dimensioni perché quelle attività richiedono capacità, dati, infrastrutture tecniche e risorse economiche che soltanto un numero estremamente ristretto di soggetti può assicurare ma vi è l’esigenza di regole – non ostacoli ma regole a garanzia dei cittadini – per evitare che pochi gruppi possano condizionare la vita di ciascuno di noi e la democrazia.
Attraverso un uso distorto della tecnologia, si riesce, già oggi, ad alterare, in maniera difficilmente avvertibile, dichiarazioni, video, filmati, isolando frasi, rimontando abusivamente. Con l’intelligenza artificiale è possibile produrre scenari virtuali apparentemente credibili ma totalmente ingannevoli.
È concreto il rischio di trovarsi in futuro a vivere in dimensioni parallele, in cui realtà e verità non siano distinguibili dalla falsità e dalla manipolazione: ne risulterebbe travolto lo spirito critico. E, con esso, la libertà che si trova alla base dei diritti di ciascuno.
Il fenomeno deve essere, pertanto, regolato, necessariamente e urgentemente, nell’interesse – ripeto – delle persone, dei cittadini, ma sappiamo che questa esigenza fondamentale incontra difficoltà a causa delle dimensioni e del potere di condizionamento degli operatori del settore.
La cui presunzione di divenire protagonisti che dettano le regole, anziché essere destinatari di regolamentazione, si è già manifestata in più occasioni.
La recente iniziativa sulla Intelligenza Artificiale avviata dalle istituzioni europee va nella giusta direzione, ponendosi il decisivo problema della tutela della privacy e della libertà dei cittadini.
Immaginiamo solo per un momento, applicando lo scenario descritto nel libro “1984” di George Orwell, cosa avrebbe potuto significare una distorsione nell’uso di queste tecnologie al servizio di una dittatura del novecento.
Sono in gioco i presupposti della sovranità dei cittadini.
